Orsi bianchi e zar omofobi

Golfo del Messico, anno 2010. Tutti ricordiamo l’incidente della piattaforma della BP: 11 morti, 106 giorni di versamento di petrolio in mare, una chiazza grande come l’Umbria che galleggiava minacciosa, centinaia di chilometri di costa compromessi con un danno sull’economia dei pescatori locali, sull’ecosistema e sull’avifauna destinato a ripercuotersi per il prossimo decennio. Il colosso infiammato era tra le piattaforme più grandi del mondo, estesa come due campi di calcio. Nessuno saprà mai se i miliardi di euro di multa sanzionati alla BP, locataria dell’impianto, a cui si aggiungono i costi che, a onor del vero, la BP si è fatta carico spontaneamente di sostenere, basteranno mai a risarcire davvero il danno. Purtroppo, non tutto quanto si danneggia può essere ricostruito, e il soldo non può restituire la vita a chi l’ha persa (uomini e animali, fallo capire a chi crede che tutto abbia un prezzo). C’entra perfino la Svizzera nell’incidente. Pochissimi sanno che la Deepwater Horizon (il colosso exgalleggiante si chiamava così) era di proprietà di un’azienda della Confederazione Elvetica. Se vi state domandando come mai gli svizzeri posseggano mostri naviganti specializzati in opere di trivellazione marina e che valgono come il PIL di un piccolo stato, ricordate che hanno già vinto la coppa America di vela oceanica. Svizzeri o no, qualcuno controllava la piattaforma? Non lo sapremo mai.

Svizzera, anno 2013. Questa volta la Svizzera è coinvolta solo per una delle sue stazioni alpine. Davos è una graziosissima località sulle Alpi
(http://www.davos.ch/, si scia alla grande, si mangia bene, si beve di conseguenza, la sera in qualche baretto c’è perfino qualche campionato condominiale di grappa). A Davos, non incidentalmente, si tiene anche il Forum Economico Mondiale. La rassegna si è conclusa da poco e ha visto sul palcoscenico, come al solito, personaggi che hanno confrontato le proprie esperienze sull’andamento del sistema economico “mondo”. Alcuni sono uomini e donne interessanti per la loro intelligenza politica, imprenditoriale, visonaria. Altri fanno parte del mondo più vicino al gossip e ai rotocalchi che non all’economia. Altri ancora sono decisamente inspiegabili su un palcoscenico così, sono quelli del cosìddetto club dei ricchi. In un paginone di Repubblica ricorderemo un pontificante Mario Draghi che da una foto a 4 colonne assicura che dalla crisi usciremo a fine 2013 (però ce l’avevano già detto altri nel 2012 e prima ancora nel 2011). Mario Draghi è ovviamente spiegabilissimo a Davos, ma al piede di SuperMarioBanker ci sono altre quattro foto che avvalorano la tesi degli inspiegabili, almeno tre poi sono davvero inspiegabili per me.
C’è Medvedev (sì, il primo ministro della federazione russa che ha appena varato una legge che persegue la propaganda gay), c’è il principe Alberto di Monaco (capo di un microstato in testa agli habitat preferiti da chi cerca climi fiscali miti dove portare a svernare i propri capitali), c’è la bella Rania di Giordania (elegante consorte di un trono appoggiato su una polveriera circondata da bombe innescate di rivolte popolari che hanno costretto il suo regal consorte, dopo anni, ad avviare le riforme con il 30% della popolazione sotto la soglia di povertà). I più coerenti con il senso della responsabilizzazione della crescita sono quelli della quarta foto: sono dei matti aggrappati alle insegne del locale distributore della Shell e sono impegnati a coprire il logo della conchiglia con l’effige di un orso bianco. Sono uomini di Greenpeace e stanno inscenando una protesta contro le trivellazioni nell’Artico (http://it.notizie.yahoo.com/attivisti-greenpeace-protestano-davos-contro-trivellazioni-artico-114918039.html), decidendo di incatenarsi alla pompa di benzina della nota compagnia. Perché? Perché in mare galleggia di nuovo qualcosa di minaccioso. Forse vi sarà sfuggito, ma la Shell è la compagnia che fino a poche ore fa aveva incagliato una stazione di trivellaggio alta come un palazzo di 9 piani e un serbatoio capiente come una ventina di autobotti a pochi metri dalla coste dell’Alaska (http://www.greenpeace.org/italy/it/News1/blog/buon-2013-dalla-shell/blog/43568/). La notizia è che tutto (pare) sia tornato sotto controllo, ma la domanda rimane: possibile che quelli che stanno lanciando il messaggio più forte (“evitiamo nuovi disastri ambientali!”) siano gli unici a non essere stati invitati e abbiano dovuto ricavarsi un proprio palcoscenico sulla strada mentre dentro, tranquilli e al caldo, uno zar omofobo, un principino viziato e una regina annoiata pattugliavano la tavola delle tartine? Per quanto tempo ancora dovremo sorbirci gli show dei forum mentre nessuno o pochissimi pensano a controllare severamente che per mare, e per terra, non si muovano altre mine vaganti?