Mi piace il Lego, da oggi anche di più con Greenpeace e contro Shell

Lego, Shell, Greenpeace e un filmato avvincente pur nella sua brevità dimostrano che le petizioni servono. Ricordate la campagna di Greenpeace sulle trivellazioni della Shell nell’Artico? Lego ha ufficialmente deciso di non procedere alla pluriennale collaborazione col colosso petrolifero.

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A chi dovesse storcere il naso sull’ennesimo ecointegralismo, ricordo che le navi Shell si sono spinte talmente sottocosta da provocare già due inchieste. A prescindere dalle dichiarazioni e dalle indagini, bastano le immagini. Nel 2012 la Noble Discover si è quasi arenata fuori dal porto. Pochi mesi più tardi la piattaforma Kulluk è andata a finire sugli scogli dell’isola di Kodiak mentre, pare, la stavano facendo navigare alla svelta fuori dalle acque territoriali per motivi poco chiari.

Nessuno è così illuso da credere di poter puntare al 100% di rinnovabili a breve termine. Un minimo di ricerca di materie prime di origine fossile ci è dunque ancora indispensabile. Esattamente indispensabile come il senso di responsabilità per tutte le precauzioni perché nessuna Kulluk o Noble discover finiscano a combinare il disastro che per ora si è evitato. Quello spot della Lego è stato davvero a un passo dalla realtà. Il gioco ha aiutato a far capire che la Terra non può essere in gioco.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Mercatini di Natale: il più segreto è qui

Ormai è iniziato il conto alla rovescia per le feste di fine anno e tutto quello che queste comportano. Rispetto a quando ero piccolo, ben prima che i mulini diventassero bianchi, si è aggiunta la complicazione dei preparativi natalizi ingarbugliati attorno ai telefonini nel giro di chiamate frenetiche stile “cosa regaliamo a tizio?… e a caio?… a sempronio hai pensato tu?”… Io vi propongo, invece, una scelta drastica: rifugiarvi tra le montagne, fare delle passeggiate nella neve, trovarvi un eco-mercatino per pochi sentiti regalini e rintanarvi la sera in un albergo con zero segnale per disconnettervi dal XXI secolo. Troppo burbero? Forse, è solo la mia visione ma potreste scoprire che un Natale da orsi non è poi così male.

Montagne: scegliete quelle a cui siete affezionati, ne avrete sicuramente nel cuore alcune che vi rimandano subito al Natale. Le mie sono in Alto Adige, in una valle conosciuta quanto basta per essere raggiungibile senza le renne ma non fatta per le masse affezionate ai turistifici invernali. Vi suggerisco la Valle di Tures, con la sua continuazione della Val Aurina, è un solco che penetra dritta nel cuore delle Alpi e termina nel punto più a nord del Bel Paese. Sono posti dove, se vi attrezzate bene per l’Inverno, potete camminare sul sentiero di San Francesco di giorno e magari la sera salire in baita a farvi una mangiata. Copritevi bene però, perché la discesa qui si fa in slitta e, credetemi, slittare nel silenzio del bosco sotto la luna non è qualcosa che dimenticherete facilmente.

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Regali: muovetevi all’insegna della sobrietà. Tutti ci propongono il mercatino ‘in’ da non mancare”. Non cadete nella rete del marketing cinese, scegliete piuttosto uno dei mercatini locali, tra i pochissimi certificati “green”. Essere amici della natura significa anche ricordarsi di qualcuno con pensierini non appariscenti che dimostrino affetto sincero come il materiale che state regalando. Penso al legno, ai sassi, alla lana cotta. Nelle vie di Brunico, le bancarelle sono anche profumate di Vin Brulè. Ma c’è di più: nella casa del vecchio medico di Campo Tures si trova il mercatino più raccolto del Natale alpino.  In questa casa antica borghese, con un flair particolare e non lontano dal castello di Tures, uno dei più belli dell`arco alpino, avrà luogo nei pochi weekend dell`Avvento un piccolissimo mercatino di Natale disposto su 3 piani, con una Stube-Bar per un thè incluso, contadini che vendono le ciabatte per la casa fatti da loro di feltro, pizzi “a tombolo” della Valle Aurina, oggettini in legno e tutte quelle cose che fanno ancora più Natale. E`questa una meta degli stessi Altoatesini, stanchi dei grandi Mercatini affollati, che vanno nuovamente alla ricerca di una piccola ma autentica atmosfera dell`Avvento e del periodo prenatalizio.

Un tetto con la neve intorno: è un ragionamento complesso in merito al quale rischierei di farvi sorridere. Ho interpellato un po’ di alberghi chiedendo se c’era la possibilità di non avere linea o wifi. Non temo tanto me stesso quando lo pseudomanager o la valchiria informatica che si presentano in sauna con lo smartphone e nel bosco si lamentano che “non c’è campo”. In molti hanno frainteso la mia domanda credendo mi stessi accertando dell’opposto, cioè che ci fossero linea o wifi, così mi rassicuravano che non c’erano problemi. Tranne due sorelle, Ruth e Karin, che hanno capito perfettamente e mi hanno detto che da loro ci sono i giorni off line durante i quali il nostro corpo e la nostra mente possono sconnettersi. Indagando e andando a trovarle ho scoperto che le due gestiscono un hotel a impatto neutrale sul clima e, potrà anche sembrare uno spot ma non lo è, sono le uniche che garantiscono una certa ecologia che ci riporta a ritmi fatti di pace tra i boschi e riposo della natura. Organizzano weekend in cui le diavolerie elettroniche le lasci in reception. Perentorie, come due tedesche, le ragazze ci sanno davvero fare e i loro ospiti diventano amici. L’albergo è un gradevole esempio di design alpino contemporaneo, si mangia bene e la sua posizione tra bosco e borgo è davvero un pregio. 9b724b771f

Ottimo cibo, slittini e coccole: chilometro zero o poco di più. Guardatevi bene attorno. Ci sono ancora posti che sposano la tradizione senza farla pesare sul conto. Il formaggio, la pasta, il pane, il vino son fatti da facce riconoscibili, magari nella malga accanto, la stessa dove si può ritirare una slitta e scendere nel fruscio accarezzato dai pini. Anche questo fa parte della dieta, che in queste montagne è fatta anche di aria pulita e cose buone fatte con ingredienti semplici. Se pulito, buono e semplice, sono termini in cui vi riconoscete, allora l’inverno degli orsi fa per voi. Vi aspetto nel bosco.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

La ciclabile del domani

Dall’Olanda emerge una nuova combinazione tra mobilità sostenibile ed energie rinnovabili. La parte sulla mobilità la fanno le biciclette. La parte della rinnovabilità la fa la strada stessa dove un tratto di percorso è un grande pannello fotovoltaico. Siamo nei sobborghi di Amsterdam, su un tratto delle più frequentate ciclabili della più ciclabile città europea. L’asfalto è stato sostituito con un sistema di celle solari integrate nella copertura del manto stradale. Per i 70 metri realizzati si è spesa la cifra di 3 milioni di euro allo scopo di testare la resa. Considerando solo la cifra, il gioco non vale assolutamente la candela, tenuto conto anche che il piano stradale non è inclinato in modo ottimale per sfruttare l’irraggiamento.

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Da un altro punto di vista, però, la realizzazione di una strada così fatta – resa conveniente – potrebbe essere un modo per convincere davvero sull’ecologia dei veicoli elettrici. Oggi la propulsione elettrica è ecologica solo all’utilizzo e non ci si preoccupa molto di come è prodotta l’energia alla fonte. Una strada “solare”, invece, potrebbe creare energia dove ce ne fosse davvero bisogno, ossia dove i veicoli ne necessitino per la trazione stessa. Riuscendo a ridurre i costi, proviamo a immaginare quanto l’insieme delle strade di una regione assolata potrebbe produrre.

C’è stato un video virale che ha cercato di sensibilizzare gli americani sul tema rendendo ai due ingegneri titolari del progetto ben due milioni di dollari, spesi per industrializzare il progetto del modulo stradale solare. Tornando all’Olanda, dove l’irraggiamento non è certo tra i più alti d’Europa, stupisce la fede nel progetto innovativo. Non è che qualche mecenate del solare decide di guardare più a sud? Ci sarebbe uno stivale baciato dal sole ad aspettarlo e probabilmente qualche amministratore pronto ad accoglierlo.

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Godendosi le nostre strade, oltre che dai percorsi, rimarrebbe incantato probabilmente anche dalla creatività che ho notato al recente salone del motociclo: un veicolo elettrico che attinge alla squisita tradizione delle due ruote italiane ma con un sapore vintage. L’appassionato tecnico Enrico Farina ha creato la e-formidable, una moto che si presta alla cavalcata ecologica e che propone una combinazione irresistibile di accessori a tema, come un microgeneratore eolico sul cupolino per caricare lo smartphone e manopole biometriche per misurare le sollecitazioni del pilota. Mettici la doppia batteria per raggiungere un’autonomia di 130 km di autonomia e un’estetica davvero gradevole, ora sogno davvero solo la strada per alimentarla in modo pulito al 100%. Non vorrete mica che vada fino in Olanda.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Animali: la pet therapy televisiva non funziona

Gli animali in televisione portano sfortuna a chi li ostenta. La Littizzetto indagata per aver portato un maialino da Fazio, Insinna denunciato per un gufo reale ad Affari Tuoi, prima ancora ci fu la Bignardi con il cucciolo donato a Monti. Sono sicuro che riusciamo senza fatica ad allungare la lista di animali ostentati tra spettacolo, politica e social. Alzi la mano chi non ha visto in Facebook amici e amiche ‘selfial killer’ ritratti con l’animale di turno. A me certi animali saltano addosso e lo scatto con loro lo faccio volentieri, ma non è violenza. Forse sono loro che riconoscono la bestia e si fanno avanti.

Semmai andrebbe messo qualche paletto, anche tra gli animalisti. Non sono certo dalla parte di chi sfrutta pelosi, piumati e squamati, ma da molto tempo certi animali sono di compagnia all’uomo. Ci sono mascotte un po’ ovunque, dalle squadre sportive ai battaglioni militari. Un caprone ha perfino i gradi di maggiore nel prestigiosissimo Royal Regiment of Wales e la marina Usa ha una pagina dedicata ai gatti di bordo. Dov’è il problema? Che, forse, non deve tanto infastidire la presenza dell’animale, quanto l’assenza di un controllo (severo) che questo non sia maltrattato o sottoposto a stress fisico e/o psichico.

Animali da spettacolo ne esistono parecchi, la tv e la politica italiana ci hanno abituati a fior di esemplari, non sempre appartenenti al regno animale. In una trasmissione non fanno quasi più notizia. Perché non attiviamo un organismo di controllo serio o, piuttosto che sbattere l’animale sotto i riflettori, non proviamo invece ad attingere alla forza di un disegno o di una caricatura? Ne esistono di eccellenti che hanno anche fatto la fortuna dei marchi che le hanno sposate. Se hanno funzionato con le pubblicità che ci rifilano di tutto, tranquilli che ci sono ottime speranze anche per lo spettacolo.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Sono tornati i prati dopo il sangue della guerra

 

In occasione della ricorrenza della prima guerra mondiale, ho deciso di non perdermi i due film italiani della stagione dedicati all’argomento. Confesso di essere andato alle anteprime con l’occhio un po’ critico del documentarista e con l’aggravante del forte interesse per l’argomento. Torneranno i prati di Ermanno Olmi e Fango e gloria di Leonardo Tiberi mi hanno a loro modo coinvolto. Il forte denominatore comune delle atmosfere rese non si stempera nella forza evocativa delle due pellicole.

Olmi trasporta con la bella fotografia nei silenzi della montagna. C’è molto Deserto dei tartari di Buzzati nella storia di una notte interamente ambientata in una trincea sospesa nel paesaggio argentato dalla luna. Quando la quiete è interrotta da un pesantissimo bombardamento, la pace della montagna sprofonda irrimediabilmente nel dosso dove il sogno di un soldato mostra un larice diventare d’oro e poi bruciare con le vite di molti militi. Manca una storia, ma forse Olmi voleva esattamente questo per intrecciare il non-senso di una guerra che porta in contatto gli uomini senza venire a capo di nulla. Qualche lacuna sui dialoghi è compensata da particolari struggenti come il soldato che bacia il tozzo di pane, l’uomo che canta sulla cima del dosso e la marcia del plotone in ritirata nella neve. Massimo rispetto per il maestro che ha seguito tutte le riprese sfidando il gelo sul set e che chiude con la citazione del padre.

Tiberi la storia invece ce l’ha e la racconta in modo originale. Narrazione in prima persona, intercalarsi frequente di immagini d’epoca colorate allo scopo di avvicinare il pubblico, passaggi intensi dalla zona di fronte a quella delle retrovie dove l’attesa di una notizia dei propri cari era forse ancora più pesante che l’attacco imminente dalla trincea.

Se per il maestro Olmi era abbastanza scontato il traguardo della produzione grazie al suo nome, a Tiberi non si prospettava vita facile. Anche grazie al Banco Desio, è comunque riuscito a creare qualcosa che si avvicina all’esperimento (riuscito) del documentario rafforzato da una linea di fiction. O, se preferite, il viceversa di una storia arricchita dal valore documentario che racconta anche la storia del Milite ignoto. A ognuno la scelta. Ogni occasione è buona per ricordare e il cinema riesce qui a svolgere il suo ottimo servizio, convinto più che mai che andrebbe portato sempre più spesso anche nelle scuole per raccontare con poche immagini quel che tante parole spesso non rendono. Nell’era virtuale, la memoria passa ancora da qui.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Villa romana festeggiata col cemento

Una scoperta archeologica porte cementificazione e abuso alle porte di Roma.

Se non conoscete Marco Valerio Messala Corvino non preoccupatevi, non lo avevo mai sentito nominare neppure io finché non ho letto le dichiarazioni dell’archeologa Aurelia Lupi, quella Aurelia Lupi il cui lavoro fece notizia in giro per il mondo allorché, in un grande spazio verde della campagna tra Roma e Ciampino, vennero portate alla luce sette meravigliose statue di Età augustea. La sua dichiarazione fu perentoria.

Una di quelle scoperte che capita una sola volta nella vita di un archeologo

Ecco, se ora vi passasse per la testa un ragionamento tipo “Fico! Posso aspettarmi la valorizzazione del luogo dove un console romano si circondò di bellezza e magari ospitò i poeti della sua epoca” sappiate che siamo fuori strada. Per quegli illusi – scrivente compreso – che immaginavano tramontato definitivamente il periodo in cui urbanisti compiacenti assecondavano la briosa attività dei signori del mattone, non c’è speranza. Comincio davvero a pensare che tutte le ricchezze che abbiamo non ce le meritiamo. È evidente che in questo momento non possiamo permetterci cantieri di restauro ovunque e a qualcosa dovremo rinunciare, ma da lì a dare il semaforo verde all’edilizia d’assalto ne passa.

Soluzioni possibili? Vincolare l’area. Pare fosse stato fatto, ma poi sono state allentate le restrizioni. Oppure cercare il mecenate oltre confine e proporgli un’operazione di sponsorizzazione. Volete che nessun russo, cinese o indiano accetti di farsi bello nel dire a casa o nel suo club di aver adottato un’opera inestimabile nella bellissima Italia? Sì, perché sia chiaro che, nonostante tutti i nostri sforzi nel ‘bruciarci’ luoghi o occasioni, continuiamo ad essere invidiati. Parlandone, qualcuno mi ha obiettato che una operazione del genere sarebbe volgare e non controllabile. Sono abbastanza convinto che la vera volgarità stia nella bruttezza delle palazzine. Mentre per la controllabilità penso a quanti archeologi, magari neolaureati, farebbero a gomitate per assumersi l’onere e il relativo stipendio, con la certezza che nessun oligarca si farebbe problemi a vedersi aumentata la spesa perché lo Stato italiano, assieme al bene, gli affida anche un vigilante appassionato.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

L’ultima Onda del Lago – Booktrailer

Milano – Durante la seconda guerra mondiale, una ragazza ebrea cerca di salvare il fratello sordocieco dai bombardamenti e dal campo di concentramento. L’unico amico in città, rimasto solo dopo l’arresto del compagno, si offre di accompagnarli nella fuga verso la Svizzera.
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Le sentinelle che sono un danno al Pil

Le “sentinelle in piedi” (che poi, avete mai visto una sentinella seduta?) sono un danno, e non parlo per la comunità gay e i diritti negati. Il sistema ‘Italia dei diritti calpestati’ sta facendo il giro del mondo. La tournée  questa volta tocca a un atto della Procura di Perugia.

Ma andiamo con ordine. Il fatto: le “sentinelle in piedi” attuano la loro protesta in una piazza del capoluogo umbro e una coppia, oggi sposata a Londra, non si fa problemi a baciarsi tra i manifestanti. Il problema è che la coppia è composta da due uomini e la Procura apre un’inchiesta che approda anche in parlamento. Dunque, ben prima che il nostro illuminato Angelino Alfano emanasse il suo editto omofobico, un ufficio della Repubblica  dedica tempo e risorse a una indagine in cui si ravvede il nulla, probabilmente impegnando agenti preziosi su una stupidata mentre rimangono irrisolti casi ben più importanti per la giustizia italiana. Ammettiamolo, invertendo le parti, se qualcuno avesse recitato preghiere in un gay pride, probabilmente sarebbe passato inosservato. E vi prego di notare che anche noi gay preghiamo come, forse, anche le sentinelle si baciano tra individui dello stesso sesso. Ma veniamo al punto. La notizia ora sta girando il mondo, facendo passare il mio paese per un covo di retrogradi. Probabilmente ora ci vedono così in Canada, nel Regno Unito, in Sud America, in Svezia, in Spagna, e un po’ in tutta la comunità internazionale

Non mi va bene. Non dovrebbe andare bene neppure a chi ha a cuore la faccia italiana. Buttiamola sull’economico: non dovrebbe andar bene neppure agli operatori del turismo che assistono alla lesione dell’immagine del Bel Paese di fronte a una delle comunità di viaggiatori più ricche, proprio in momenti come questo dove ogni turista è manna sul nostro Pil. Se qualcuno cominciasse a denunciare sentinelle e Alfani di turno per danni, penserei che sarebbe solo un atto dovuto.

La casa del futuro passa dalle Canarie

Alle Canarie c’è un luogo dove ecologia, vacanza e ricerca si fondono in una realtà che non ha uguali al mondo. Non è un’affermazione da depliant pubblicitario. La storia: qualche anno fa il Cabildo Insular di Tenerife (il governo locale) decide di bandire un concorso per la casa ecologica ideale. Partecipano 400 studi e i 24 progetti finalisti sono effettivamente realizzati in una conca rocciosa nella porzione meridionale dell’isola. Se inizialmente si pensa di mettere le case a disposizione del personale del vicino Istituto Tecnologico di Energia Rinnovabile (ITER), col tempo alcune delle residenze vengono aperte al pubblico e la gente, principalmente dal nord Europa, inizia a scegliere questo villaggio per trascorrerci le vacanze.  

Casas iter di TenerifeNon è un ambiente che capita di vedere spesso, immaginate la prateria costiera come una conca di origine vulcanica, circondata da generatori eolici e affacciata sulla deliziosa spiaggetta di sabbia a ridosso della Riserva naturale della Montaña Pelada. Soprattutto immaginate di vedere, sparse qua e là nella vegetazione, 24 costruzioni completamente diverse tra loro a condividere l’ispirazione bioclimatica del loro progetto. A ognuno dei tecnici era stato richiesto infatti di adattare la casa al principio per cui terreno, agenti atmosferici, orientamento della costruzione, vegetazione e materiali concorressero al miglior comfort termico senza intervento di energia esterna. Al consumo di energia per luce ed elettrodomestici si è provveduto attingendo a due risorse di cui le Canarie abbondano, sole e vento. Casa iter di Tenerife

I progetti sono molto originali e per conformazione e distribuzione degli spazi è un po’ come essere in un museo a cielo aperto. Nella casa che mi ha ospitato, la Bernuolli, avevo a disposizione due piani circondati da un portico che mitigava la calura esterna, con i soffitti realizzati in modo da sfruttare i moti convettivi naturali per avere una temperatura ideale, che potevo monitorare e modificare dal televisore. Miren, che mi ha accompagnato a scoprire le altre case, mi ha spiegato che ogni edificio ha delle peculiarità.

A Tenerife esistono decine di microclimi diversi e nel villaggio ITER non c’è la “casa perfetta” in assoluto. Non è detto che l’edificio particolarmente efficiente qui al livello del mare lo sia anche 1000 metri più sopra. Noi abbiamo finanziato queste costruzioni per dimostrare che alle diverse condizioni climatiche si possono adattare altrettante soluzioni architettoniche perseguendo il risultato delle zero emissioni di CO2 per la climatizzazione degli edifici.


Tenuto conto che Tenerife è estesa come un quarto della Corsica e, con una variazione altimetrica di oltre 3700 metri, è praticamente un vulcano in mezzo al mare, ci hanno appena detto che i progetti delle case ITER sono applicabili a buona parte del pianeta. Le pendici del Teide, il cratere più alto dell’isola che è anche il punto più elevato di Spagna, riescono effettivamente a offrire una varietà di climi che spaziano dal deserto alle spiagge, passando per le foreste di conifere, le vigne, i cunicoli sotterranei scavati dai fiumi di lava. Tutte queste realtà sono visitabili concedendo al viaggiatore la sensazione di essere su un piccolo continente. Perfino l’escursione nel vulcano  riesce a dare suggestioni “marziane”, il test del Rover NASA che sta girando sul pianeta rosso è stato fatto proprio qui. Personalmente, ammetto che essere a Tenerife è un po’ come atterrare in un racconto di fantascienza. Non mi sento attratto alle grandi spiagge del sud, più affini ai ‘turistifici’ di massa, ma posso garantire a chiunque volesse approdare qui e starci una settimana che vivrebbe sette giorni ognuno diverso dagli altri. Per visitare tutta l’isola disponendo di pochi giorni, il mezzo ideale è l’auto, noleggiabile in molti dei centri abitati. Gli autobus di linea sarebbero più ecologici ma servirebbe più tempo. 

Se il villaggio ITER è una opportunità per aggiungere qualcosa di diverso alla vacanza, c’è anche un’altra sorpresa. Gli edifici sparsi nella brughiera dove lo sciabordio delle onde si mescola con il fruscio delle pale dei generatori eolici, hanno quotazioni molto interessanti. La Casa Estrella, una stella in pietra lavica con una grande cucina e 4 stanze protette dagli arbusti di rosmarino, ospita sei persone da 180 euro al giorno. Ci hanno sempre abituato che per il “bio” e “l’eco” dovevamo pagare un po’ di più, ma non  bastassero vulcani, foreste secolari e ottimi vini,  la Tenerife che ho vissuto riesce a stupire anche in questo.

Aggiungo 4 eco raccomandazioni per vivere una Tenerife che non tutti conoscono. Non perdetevi una camminata nel Parco nazionale del Teide, fatevi accompagnare ad ascoltare il silenzio nei canali sotterranei formati dalla lava alla Cueva del Viento, rendete omaggio all’albero monumentale El Drago, perdetevi in un trek urbano tra i vicoli cinquecenteschi dell’antica capitale La Laguna. Alla fine dell’esperienza potreste scoprire che in mezzo all’oceano si sta davvero bene.