Il mare che non ammette sconti

Tra i flagelli che affliggono i mari ci sono la pesca clandestina e i danni provocati da reti killer lunghe chilometri. Gli effetti sono la decimazione degli animali che ci finiscono dentro solo per poi essere ributtati in mare (morti o malconci) e l’aumento delle montagne di plastica che galleggiano negli oceani.

Tra chi è particolarmente attivo nel cercare di contrastare le azioni che danneggiano i mari c’è Sea Shepherd. Una delle loro navi, la Sam Simon, è in questi giorni ormeggiata a La Spezia reduce da una campagna di contrasto alla pesca illegale in Namibia. Ci sono salito a bordo, ho parlato coi membri dell’equipaggio, mi hanno raccontato le condizioni difficili in cui spesso lavorano e operano. Una delle situazioni recenti più impegnative è stata quando per tre giorni e tre notti si sono alternati in turni di due ore per issare a bordo una delle reti killer recuperate dal mare.

È probabile che dalle foto la riconosciate come una di quelle che a colpi di scafo ha disturbato le baleniere giapponesi durante le loro attività truccate da missioni scientifiche. L’incipit del documentario di Animal Planet che racconta alcune delle missioni di Sea Shepherd inizia in modo epico: “Una guerra inizia nelle regioni lontane del pianeta Terra, le acque cristalline dell’Antartide si colorano di sangue. Preparatevi a scene cruente. Il titolo Whale Wars è chiaro nell’anticipare i contenuti. Le immagini sono forti.

Vista da bordo, la nave è curiosa. Intanto è un dono del defunto papà dei Simpson. L’aneddoto da raccontare è che lo scafo stesso era a supporto dell’attività baleniera giapponese, un vero massacro in mare aperto, finché Simon non se n’è fatto carico acquistandola e andando a ritirarla con gli uomini di Sea Shepherd in incognito. Solo un attimo dopo dell’avvenuta consegna, gli uomini e le donne dell’associazione si sono tolte le tute per rivelare il simbolo piratesco che li distingue. La Sam Simon è ora in aiuto agli organi di polizia degli stati che ne fanno richiesta per contrastare le attività illegali. Alla già citata Namibia, si sono aggiunti Gabon e Tanzania.

“Non è il problema di quanti pesci o cetacei si salvano, è piuttosto lo sforzo per creare un tessuto culturale in grado di far capire che le creature marine meritano rispetto”, dichiara Andrea Morello, direttore di Sea Shepherd Italia. In plancia campeggiano le scritte DEFEND – CONSERVE – RESPECT, mentre i caratteri giapponesi sono stati lasciati in ricordo del passato e a monito che c’è sempre un tempo per redimersi e recuperare. A bordo gli ambienti sono spartani, la deroga è la cambusa con stampe colorate e balenottere in peluche appese al soffitto. Anche sulle scale, tra i ponti, c’è spazio per temi marini. C’è perfino un angolo con un piccolo tempietto buddista.

Qualche foto ricorda invece senza sconti i motivi delle missioni. Fondamentalmente, limitare lo spargimento di sangue inutile. Balene squartate sugli spazi aperti, delfini soffocati, foche uccise a sprangate sul cranio per non rovinare la pelliccia. Da una parte l’uomo in tutta la sua crudeltà e dall’altra gente come quelli di Sea Shepherd. Gente che si può anche aiutare finanziandoli anche solo con l’acquisto di un libro e di una maglietta. Skira, ad esempio, ha appena pubblicato il volume fotografico del loro quarantennale. Oppure li si può supportare organizzando eventi, invitandoli a conferenze, perfino imbarcandosi con loro. Se pensate che un mese su una nave a caccia di cacciatori sia troppo caro, ricordate che il mare non ammette sconti. Nessuna pietà per chi lo attenta.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Captains of Operation No Compromise Locky Maclean, Paul Watson, and Alex Cornellisen
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5 disastri per la Giornata dell’Ambiente

5 giugno, Giornata Mondiale dell’Ambiente. Potremmo elencare una serie di minacce che ogni giorno sono rivolte alla parte naturale della nostra Terra. Raggruppando 5 macrocategorie, distingueremmo:

Cambiamento climatico: ha già creato effetti evidenti sull’ambiente. I ghiacciai si sono ritirati, fiumi e laghi si scongelano prima, piante e e alberi fioriscono in anticipo. L’effetto è un lento inesorabile innalzamento delle temperature che porterà a sconvolgimenti come l’inaridimento di alcune aree mentre altre conosceranno disastrosi effetti per le precipitazioni improvvise.

Deforestazione: anche se il tasso di deforestazione è diminuito (e in Italia la tendenza è a un aumento delle aree verdi) continuiamo a giocarci 130.000 km2 l’anno di fonti di ossigeno. È come se ogni 12 mesi perdessimo una distesa d’alberi grande come l’Italia da Napoli in giù.

Inquinamento: tira una cattiva aria, in Italia sono 30.000 i decessi annui imputabili alle pessime condizioni della miscela che respiriamo. Per rendervi conto cosa significa respirare bene anche in città, se vivete a Roma, Milano o Padova, vi consiglio di entrare nella AirShip, un bosco itinerante che Austria per l’Italia ha installato per qualche giorno nelle nostre città, sulla scia del memorabile padiglione di Expo 2015.

Perdita di biodiversità: negli ultimi 40 anni abbiamo perso il 52% della biodiversità, il dato sale al 58% se consideriamo i soli vertebrati.

Crescita esplosiva della popolazione: di questo passo, mantenendo il ritmo di vita attuale, entro il 2100 ci serviranno tre pianeti per mantenerci, chi ce li da?

Leggendo la lista, che è limitata a macroproblemi a loro volta sfaccettati in moltissime ulteriori criticità, non pensiamo a 5 elementi completamente indipendenti tra loro, ma a 5 concause che da qui al 2050 potrebbero cambiare l’immagine della Terra in modo tale da non farcela riconoscere se solo avessimo il potere di materializzarci a 32 anni da oggi.

Nello stesso periodo di tempo, ma al passato, sono cambiati – solo per fare qualche esempio – il modo di muoverci (si viaggia tra Milano e Roma in meno di tre ore e si vola in tutta Europa per il weekend), di comunicare (ognuno di noi ha in tasca un processore potente come i più potenti di allora), di mangiare (in Italia è ormai normale trovare vini sudafricani e frutti sudamericani), di acquistare (compriamo con un clic beni di cui conosciamo poco o nulla oltre quello che ci viene detto attraverso lo stesso strumento da cui stiamo acquistando).

Cosa siamo disposti a fare, dunque, per aprire gli occhi e non rimanere sconvolti dalla visione del 2050? Buona Giornata dell’Ambiente a tutti noi, Terra compresa. Intanto ecco 6 minuti di Pianeta come vorrei ritrovare.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.