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Covid 19: diffondiamo idee, non pangolini

Oggi è il cinquantesimo anniversario della Giornata della Terra

Dalla decisione di dedicare una ricorrenza all’unico guscio amichevole conosciuto in un universo non ospitale, sono trascorsi 50 anni e molti eventi che hanno segnato l’umanità. Mai come quest’anno, però, la data è legata a circostanze apocalittiche per il mondo occidentale.

Senza scomodare i visionari che imputano Covid-19 al castigo divino, il virus pare ormai assodato essere una zoonosi e potrebbe avere a che fare con l’uomo non per la fantasiosa elaborazione fantapolitica di un’arma batteriologica, quanto per la conseguenza del nostro comportamento nei confronti delle specie e degli ambienti del pianeta.

Lo spiega benissimo David Quammen in Spillover, libro edito nel 2014. L’autore fu intervistato da Fazio il mese scorso, vi consiglio di di ascoltarlo per la qualità dell’intervista. Firma autorevole del National Geographic e ottimo divulgatore, parlando di virus, previde con una buona approssimazione cosa sarebbe successo e dove sarebbe successo. Il ragionamento è semplice e facilmente comprensibile, perfino da non scienziati, visualizzando una catena di eventi.

  1. Abbiamo consumato gli ambienti naturali con percentuali da estinzione di massa.
  2. Di conseguenza si sono ridotte le specie che, come noi stessi, sono portatrici di virus.
  3. I virus, non avendo gambe, puntano a moltiplicarsi con gambe altrui, cioè cercando nuovi organismi in grado di ospitarli al posto di quelli scomparsi.
  4. Contestualmente offriamo ai virus quasi otto miliardi di esseri umani che permettono loro di proliferare muovendosi in aereo.

Serviva solo il taxi che portasse il virus dall’ambiente che era il suo naturale a un nuovo ambiente. Lo ha trovato nei pipistrelli o nei pangolini o in qualche essere che ancora non è stato individuato venduto nei mercati del sud della Cina. Se è chiaro a tutti cosa sia un pipistrello, è probabile che, come ha fatto il sottoscritto, dobbiate informarvi su cosa sia un pangolino

Scoprirete che è uno dei mammiferi di selvaggina più commerciati nel mondo, nonostante sia una specie a rischio estinzione.

Frenatevi dal pensare “ma che schifo, come fanno i cinesi a mangiare ’ste cose?!?” perché un americano pensa esattamente la stessa cosa di noi quando cuciniamo il coniglio che in USA è un animale da compagnia o quando consumiamo il nostro formaggio con i vermi che fa inorridire anche alcuni nostri connazionali quando per altri è una prelibatezza.

Paese che vai, abitudini che trovi. Semmai andrebbero risolti i problemi legati all’igiene. Non è razzismo affermare che il wet market di Wuhan non sia da prendere a modello. Così come non lo sono i mercati della Liberia dove si consuma abitualmente carne di scimmia e ci sono focolai di Ebola probabilmente legati a questo commercio. Quammen ci assicura che il Coronavirus è quasi un dilettante rispetto al disastro che può provocare Ebola se iniziasse a diffondersi seriamente.

La giornata della Terra 2020 è dunque uno stimolo di riflessione, partendo dallo sfruttamento indiscriminato del nostro pianeta. In nessun modo, uno scenario come quello attuale va visto come una vendetta o un castigo. La Terra non si vendica. Come tutti gli organismi complessi reagisce, nella logica delle cose. Se ci pungiamo un dito, spostiamo la mano. Se distruggiamo un ambiente, quel che c’è dentro e sopravvive si sposta, virus compresi. Semplice.

Il nostro obbiettivo dovrebbe essere quello di ridurre il rischio di futuri eventi del genere. Come? Rimediando al punto 1 della catena di cui sopra e sostenendo leader che condividano una visione preservativa e non di consumo, fornendoci da persone che dichiarino chiaramente da dove provengono gli alimenti, responsabilizzandoci sul modo in cui ci spostiamo, privilegiando l’uso di prodotti riutilizzabili, condividendo l’uso delle risorse e ponendo la massima attenzione al significato di “rifiuto” che può essere risorsa e non pattumiera. Sarebbe davvero apprezzabile se, per la Giornata della Terra e per ogni alba che segue, ognuno di noi riuscisse a fare propri questi concetti e trasmetterli a tutti quelli che ci circondano. Esattamente come un virus: contagiamo il mondo, ma solo con messaggi positivi per il futuro. Diffondiamo idee, non pangolini.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Qualcosa sul doodle di oggi

Oggi è la Giornata della Terra. Non tanto una ricorrenza da festa e fuochi d’artificio, piuttosto il momento di qualche riflessione e promessa per il futuro. Con il doodle di oggi, una magnifica Jane Goodall racconta in 145 secondi la sua vita e il suo rapporto con tutto quello che ci circonda.

Non credo ci sia una sola virgola da aggiungere a colei che ha fatto dello studio degli animali la sua vita. Mi permetto solo uno spunto: immaginatevi seduti all’interno della ISS (la stazione spaziale che orbita sulle nostre teste) e guardiamo giù grazie a questa diretta NASA. Quella meravigliosa sfera azzurra che vedete lì sotto è il nostro passato, il nostro presente e il nostro futuro. Per inciso, è anche l’unica bolla d’aria respirabile, acqua potabile e fonte di cibo che conosciamo in tutto l’universo. Fareste mai qualcosa per danneggiarla? Se avete letto fino a qui, probabilmente no. Ma qualcuno potrebbe non essere della nostra stessa opinione, ecco perché servono la Giornata della Terra, qualcuno che la ricordi e qualcuno che la faccia rispettare.

Non so in quanti, consultando oggi Google, si siano domandati il perché della faccia di una signora con le rughe tra alberi e radici. Nell’era dei belli ad ogni costo e dell’apparire fighi per qual che si ha, penso che ogni ruga, ogni foglia, ogni radice, valga la pena di una battaglia. Una presa di impegno per la Terra e per chi continua a non considerarla un bene comune ma una specie di discarica.  Ancora una volta è questa Terra che ci chiede da che parte stare. E noi a decidere. Lo decidiamo ogni volta che usiamo la bici o un mezzo pubblico al posto dell’auto, ogni volta che differenziamo il vetro dalla carta e dalla plastica, ogni volta che scegliamo un bidone per buttare anche un piccolo rifiuto. Anche ogni volta che raccogliamo un rifiuto magari buttato da qualcun altro che la prossima volta – si spera – non lo farà più perché ci ha visto raccoglierlo al posto suo.

Un giorno per la terra, più alberi, meno sprechi

Il 20 aprile scorso era la giornata per la Terra. Da noi è passata quasi inosservata per i motivi di cronaca legati alla politica interna. Siamo un paese con la memoria cortissima, per dirla alla Pasolini, quindi che ne rimarrà? Della politica non so, lascio a chi è più esperto di me. Per l’ambiente, invece, dipende da noi, come al solito. Nel nostri piccolo, chiunque può fare qualcosa. Quelli di Earth Day lanciano un messaggio, anzi due, dentro e fuori casa: aumentiamo il verde e fermiamo gli sprechi.

Per il primo obbiettivo si può prendere l’impegno di piantare un albero, loro puntano a 5 milioni con il Canopy Project affidando il messaggio al video di James Smith.
Per la seconda parte si potrebbe invece mettere le mani in dispensa e in frigorifero e rendersi conto che un terzo degli alimentari che acquistiamo spesso finisce in pattumiera. Durante i periodi di festa va anche peggio e al ristorante certi piatti tornano indietro anche mezzi pieni. Negli USA circolano video tutorial per insegnare alla gente a cucinare con gli scarti, che non significa attingere alla pattumiera, ma solo usare verdure meno belle o avere il coraggio di chiedere al ristorante di portare a casa i propri avanzi. Seguendo le ricette a tema in rete non mancheranno spunti appetitosi.

Con quello che buttiamo, ad esempio, nella Comunità Europea otterremmo in un anno una cintura di camion in grado di cingere il pianeta all’altezza dell’equatore. Latte, yogurt, verdure, pasta, possono essere usate senza problemi nonostante la scadenza indicata. Tutto è raccontato nel documentario Taste the waste. Un vasetto di yogurt, per esempio, dopo la scadenza non può più essere venduto sugli scaffali ma è tranquillamente commestibile per almeno una settimana.

Chi non è succube delle etichette, in Italia può fare affidamento al Last minute market. Vi consiglio di farvi un giro. Come spesso accade, cambiando abitudini si fa del bene alla Terra ma anche al portafoglio. Crunchd mette addirittura in rete gli orti privati per facilitare gli scambi tra chi ha surplus di una varietà e ne cerca un’altra, oltre che per dare consigli. Fantacucina? Forse! Intanto è come avere sempre a disposizione un carrello pronto a rifornirti di prodotti che nell’era del global hanno quel profumo così local che ci piace molto.