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20 minuti per non dimenticare

Oggi è la Giornata della Memoria.
Per capire davvero, oltre a tutto quello che già sappiamo, facciamo un piccolo esperimento. Guardate l’orologio, calcolate 20 minuti da questo istante, poi leggete il foglietto giallo, immaginate che ve lo abbiano consegnato uomini armati e immaginate che in questi 20 minuti il vostro mondo debba essere chiuso in una valigia e pronto a un viaggio quasi sicuramente senza ritorno.
70 anni fa questo biglietto, sebbene dai toni pacati e incoraggianti, era una sorta di ordine di esecuzione a morte.

La data è il 16 ottobre 1943.
Il foglietto contiene le istruzioni impartite durante rastrellamento nazista al ghetto di Roma.
1022 partirono per Auschwitz.
200 erano bambini.
16 solamente sono quelli tornati.
Non illudiamoci se non siamo ebrei, dissidenti, omosessuali, zingari. Chi esercita la violenza è accecato e può trovare in ogni momento una ragione per puntarci un’arma addosso.
La storia è ciclica e può ripetersi, facciamo girare, facciamo che non ricapiti. Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post. Il foglio è tratto dall’archivio Di Veroli, ringrazio Andrea di Stefano per la segnalzione.

World Food Day, master chef e i pezzenti

Questa settimana ha visto trascorrere il World Food Day, giornata mondiale dell’alimentazione. Assieme ad ambiente ed energia, il tema del cibo è quello su cui il futuro dell’umanità dovrà confrontarsi, con sfide che coinvolgono anche la cultura, l’economia, la socialità, l’impegno civile.

C’è una crescente realtà gioiosa attorno al cibo, alla quale si dedicano sempre più spesso anche librerie e canali televisivi: master chef di qua, prova del cuoco di là, la cucina spiegata ai poveri di spirito da chiunque diventa titolato a mettere una pentola su un fornello.
Visto in TV, ovvio che poi ci si sente anche meno imbarazzati ad andare a comprare il preziosissimo ingrediente XYZ in una gastrogioielleria che accetta tutte le carte di credito del pianeta e anche le altre.

C’è però un’altra realtà, che purtroppo non conosce i riflettori della foodmania. In pochi nel mondo sovrappeso ricordano che quasi un miliardo di persone è in denutrizione cronica nonostante l’indice dei prezzi all’ingrosso segni un calo costante da 24 mesi (fonte: FAO).
Non basta: ci sono da mettere in conto anche 1,3 milioni di tonnellate di prodotti inutilizzati o mandati allo smaltimento in un anno senza aver neanche sfiorato una tavola.

Traducendolo in camion possiamo immaginarlo come una fila lunga 13 volte l’equatore. Ci penso ogni volta che un cameriere o i commensali mi guardano strano perché chiedo di portarmi a casa gli avanzi della mia tavolata.

Vorrei solo del tempo per spiegare loro perché lo faccio, magari dopo mi considererebbero un po’ meno pezzente e chiederebbero anche loro una doggy bag. All’estero è prassi portare via schifezze, noi perché dovremmo avanzare cose buone?

Breve storia della guerra chimica, nata nella civilissima Europa

In una stanza un  gruppo di bambini sembra riposare. Hanno un aspetto serafico come se si fossero appena addormentati. Come quando all’asilo ci facevano stendere per la pausa pomeridiana.

Loro però sono tutti morti. E’ l’effetto di certi gas. Non ti uccidono con una smorfia, è come se ti addormentassero. Come se morire fosse un po’ meno crudele. Così ci arrivano le foto di queste stanze, uomini, donne, medici, gente che cammina tra i corpi cercando qualcuno.

Nella civile Europa le immagini fanno ancora più senso. Nella civile Europa, dove è bene ricordare che la guerra chimica è nata e si è sviluppata.

Ci sono almeno 5 tappe che andrebbero raccontate nell’uso dei gas.
Durante il primo conflitto mondiale, tra il 1914 e il 1918, le truppe tedesche liberarono clorina contro nemici a Ypres in Belgio, si registrarono 5000 morti solo nei primi minuti dell’attacco.

Bisogna aspettare il 1935 per registrare il secondo massiccio uso di gas. Fu il nostro esercito, nel pieno della campagna d’Africa, ad ignorare il protocollo di Ginevra del 1925 ed utilizzare gas mostarda nell’invasione dell’Etiopia. Si paventa una cifra di circa 15.000 morti. Dell’attacco ne parlò anche Montanelli, all’epoca soldato in Africa.

Tra il ’63 e il ’73 oltre 300.000 tonnellate di Napalm furono utilizzate in Vietnam per incendiare i boschi e portare i ribelli allo scoperto, con effetti devastanti sulla popolazione. Prove tecniche dell’uso del napalm a scopo incendiario si registrarono a onor del vero già dalla fine della seconda guerra mondiale sui teatri pacifici e francesi.
Tra l’80 e l’88, Saddam Hussein utilizzò gas nervino contro le truppe nemiche durante la guerra che vide l’aspro confronto tra Iraq e Iran. Qui la stima è di circa 1000000 di morti in 8 anni. Nel marzo 88  si segnalano anche 5000 morti avvelenati nella cittá curda di Halabja, colpevole il regime del dittatore iraqeno.
Anche il terrorismo ha fatto uso di gas. Nel 1994, la setta religiosa dell’Aum Shjnrikyo compì due attacchi con gas Sarin sulle metro di Tokio e Matsumoto. Si registrarono 12 decessi immediati e oltre 6000 intossicati.
Ora pare che i Siriani abbiano anche usato Napalm. Con tutta l’esperienza accumulata dagli analisti bellici, è così difficile raccogliere prove che schiaccino un regime senza scrupoli?

Questo articolo è pubblicato anche sull’HuffingtonPost.