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Achille Lauro e l’orgasmo di Bernini

Achille Lauro a Sanremo ha scatenato i critici dalla tastiera facile, finendo di colpo alla ribalta dei notiziari. Non è una novità per Achille Lauro, visto che successe anche in passato e probabilmente capiterà in futuro, sono colpito dall’ondata di commenti che si è scatenata per aver portato in scena il battesimo.

Credo di potermi esprimere da una posizione interna alla chiesa, affermando che le accuse di oltraggio siano infondate e abbiano gloriosi precedenti. A partire dal Vangelo, che lo stesso Osservatore Romano evidenzia come ben più trasgressivo.

Alle interviste degli esperti per i documentari su Caravaggio e Bernini, raccolsi opinioni forti sul tema della trasgressione di questi artisti che avevano osato. Il pittore lombardo definito maledetto si era servito di donne ritenute peccatrici come modello per raffigurare la Madonna.  L’artista romano che lavorò per otto papi, invece, fece scandalo con la raffigurazione di Santa Teresa definita addirittura un orgasmo di marmo.

L’Estasi di Santa Teresa di Gian Lorenzo Bernini

Achille Lauro è un artista, un appassionato di citazioni colte e uno che non ha paura a mettersi a nudo. È Caravaggio ed è Bernini.

Non vedo blasfemia nel suo brano Domenica. Vedo semmai una trasgressione della conformità che non mi dispiace. Non mi sono sentito offeso da cristiano, ho visto una rappresentazione del battesimo accompagnato da voci di tutto rispetto che cantavano Alleluia.  A chi fosse stato disturbato dalla mancanza di un officiante ricordo che Giovanni Battista nel Giordano non aveva nessuna investitura ufficiale prima che arrivasse un certo Gesù.

Leggo dell’oltraggio alla religione cristiana. Chi lo scrive dovrebbe precisare che l’offesa è personale, senza coinvolgere tutta la religione. Il problema è semmai nei suoi gusti, rispettabili come quelli di tutti. Con un pianeta che va in rovina e bambini che muoiono assiderati o annegano nei barconi, Dio ha in agenda problemi ben peggiori di Sanremo. Trovo più di cattivo gusto l’esempio di chi sventola il principio della famiglia dimenticando che l’amore non è un concetto zootecnico. Come sono più infastidito dalle Madonne e dai santi inchinati nelle processioni sotto casa dei mafiosi.

Qualcuno ha poi spronato Achille Lauro a prendersela coi musulmani. Se lo avesse fatto, probabilmente lo avrebbero aspettato fuori, ma non i musulmani, quanto i fanatici. Ben ricordando quanta gente è stata bruciata – e cosciente che sarei stato probabilmente tra quelli – sono fiero che la confessione in cui mi riconosco abbia superato da secoli questa fase. E sono anche felice che la mia fede abbia superato la necessità di piangersi addosso e vestire i panni dell’oltraggiata. Dio ci ha creati ragionevoli di fronte alle rappresentazioni, a prescindere che si svolgano in spazi sacri o su palcoscenici profani. Si chiama libertà, di arbitrio e di espressione. E non è affatto scontata in un mondo che ci vuole uniformati. Sta qui la nostra forza.

E ai catto-tormentoni che vedono il diavolo ovunque, perfino nell’arte, chiedo dunque di parlare a titolo personale. Dio vuole per noi il meglio, ci vuole felici. Non si pone limiti e non ci chiede interessi.

Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II: i papi che cambiarono la storia


Produzione: Libreria Vaticana, Polivideo 2013-2014
Regia: Valerio Scheggia
Autore: Stefano Paolo Giussani
Durata: 2 x 50′
Location: Città del Vaticano, Bergamo

In occasione della canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, due documentari diffusi dalla Radiotelevisione Svizzera e disponibili su DVD, raccontano il lato inedito di due pontefici che hanno segnato la storia. Filmati originali e documenti fino ad oggi sconosciuti si alternano con la testimonianza del Cardinale Capovilla e gli interventi del Cardinale Kasper e di Don Ezio Bolis, direttore della Fondazione Papa Giovanni XXIII di Bergamo. I due DVD, raccolti nel cofanetto “I Papi che cambiarono la storia”, “Giovanni XXIII – Il Papa fuori programma” e “Giovanni Paolo II – Il Papa rock che sgretolò la cortina di ferro” hanno attinto agli archivi della Città del Vaticano e della Fondazione Papa Giovanni XXIII. La colonna sonora è arricchita dalla splendida voce di Mina, con le arie sacre “Magnificat” e “Omni die”.

Quitaly: Quit the Doner racconta l’Italia come non l’avete mai vista

Non so voi, ma le vacanze di Natale sono quelle che più mi ispirano le letture che pennellano visioni dell’Italia. Saranno i video appelli di fine anno o le domande tipo “chissà se l’anno prossimo xyz?” (sostituire xyz con la variabile che preferite), ma la voglia di fermarsi a riflettere non mi è mai mancata nelle serate davanti al camino con le luci dell’albero accese.

Ho incontrato due quadretti che potrebbe valer la pena di condividere per come è presentato il Bel Paese. In una scala di colori i due autori sono il bianco e il nero. Uno, recentemente scomparso, che è stato un grande storico e un riconosciutissimo traduttore dei classici. L’altro mai apparso pubblicamente – pochissimi addirittura conoscono il suo vero nome – che ammette di essersi spacciato agente della questura per scoparsi ragazze extracomunitarie in cerca del visto. Eppure i due rivelano un paio di denominatori comuni potenti: entrambi i loro lavori sono esilaranti e scrivono sapendo il fatto loro, dando una lettura lucidissima del sistema Italia con angolazioni alternative.

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Ezio Savino ci racconta di un programma politico attualissimo e twittato, ma non cercate il nome di Renzi tra le righe. Lo storico ci fornisce un quadro di come già Augusto si facesse promotore di temi come spending review, riorganizzazione delle provincie, lavoro, riforme costituzionali. Il tutto comunicato al Senato con metodi particolarmente efficaci. A chi ritiene la storia una materia inutile, Savino lascia un testamento spirituale che andrebbe quantomeno letto a scuola, tanto per capire che gli eventi si ripetono e qualche avvenimento futuro potremmo predirlo perfino senza essere il mago Otelma.

Quit the Doner raccoglie in 200 agilissime pagine dal titolo Quitaly una serie di gag sull’Italia che purtroppo non sono gag, ma la realtà. Nessuno sa che faccia abbia, ma il blogger, reporter, conoscitore delle italiche sfaccettature come pochi altri riesce a fornire una serie di quadretti che possono farvi sciogliere dalle risate o farvi piangere mentre fate le valigie per lasciare la penisola, a vostra scelta.

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Quitaly è ben spiegato sul sito di Vice, di cui Quit the Doner è una delle firme, e in pochi mesi ha meritato due edizioni. Dai raduni degli alpini che inneggiano a “Papa Francesco, uno di noi” tra i fumi dell’alcol e le palpate alle ragazze, ai beach party salentini dove si spiega che i social sono una religione, solo predicata per altri mezzi. Dai complottisti delle scie chimiche che hanno capito chi è il responsabile occulto dietro tutto (tutto!) al declino del botox e della sua miglior macchina promozionale, con sede in decadenza ad Arcore. Ci troverete le manie dei selfiesti che postano autoritratti come chicchi in una grandinata d’estate, gli incatenati della Herbalife, la presa di coscienza che da noi si vendono più tatuaggi che libri. Si trova perfino una citazione del nostro Huffington Post e un consiglio per una mangiata memorabile sull’Appenino emilano. Se vi servissero due referenze in più sull’autore: è tra gli scomunicati ufficiali di Grillo e il disegnatore Gipi gli ha disegnato apposta una splendida copertina. Non perdetevi questo libro, è pieno di chicche memorabili che tra venti anni potrebbero essere storia.

RIcapitolando, cercate risposte sul futuro dell’Italia, dal paesaggio a qualche consiglio di ordinaria sopravvivenza? Queste letture vi aspettano.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

L’Eco di Bergamo: Quel volto inedito di Papa Giovanni

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Nell’occasione della prima ricorrenza di San Giovanni XXIII, l’11 ottobre, esce in allegato con L’Eco di Bergamo il dvd «Giovanni XXIII. Il Papa fuori programma», un documentario di Stefano Paolo  Giussani per la regia di Valerio Scheggia, che ripercorre, grazie a documenti e interviste la figura di Angelo Roncalli prima e dopo la sua elezione al soglio pontificio, fino ad arrivare ai giorni nostri con le immagini della canonizzazione.

Nuovo papa, vecchi segreti

Benedetti da un clima salubre e da una natura rigogliosa, i castelli romani sono sempre stati una specie di paradiso in terra. Uno dei borghi che costellano questi colli è però più vicino al paradiso di altri: il riferimento è naturalmente a Castel Gandolfo,  sede del palazzo pontificio. Quando si parla della residenza papale, in realtà non ci si riferisce solo a un palazzo ma una serie di edifici che comprendono, oltre alla succursale della Santa Sede, anche stalle e ville circondate da un giardino magnifico e architetture raffinate che culminano in 4 osservatori. Davvero possiamo affermare che, dalle stalle alle stelle, non manchi nulla sul crinale svettante a ridosso del lago Albano, il bacino lacustre vulcanico più profondo d’Italia.

Come la maggior parte degli edifici nobiliari, quello di Castel Gandolfo passò di mano parecchie volte prima di trovare la proprietà definitiva che ne segnerà il destino. Nel 1604 la Camera Apostolica acquista il complesso architettonico e, dopo un’accurata ristrutturazione consona al nuovo rango, nel 1626 Urbano VIII parte per la sua prima villeggiatura nel nuovo palazzo d Castel Gandolfo. Dopo quasi un trentennio, perfino Gian Lorenzo Bernini aggiunge del suo sistemando la piazza con la fontana. E’ in quel momento che Castel Gandolfo inizia ad essere la meta preferita di cardinali e prelati della curia romana nonché luogo di villeggiatura dei Papi fino al 1870. Da quell’anno il palazzo rimane inutilizzato fino al 1929, quando ne viene riconosciuta la proprietà al Vaticano. Lo Stato italiano concede alla Santa Sede anche le ville Barberini e Cybo. Subito dopo, Papa Pio IX dispone che palazzi, giardini e capolavori presenti nelle ville tornino al loro antico splendore. Anche i quattro osservatori astronomici ritornano alla Specola Vaticana, affidati ai padri gesuiti.
Considerando il rango dell’ospite principale, viene spontaneo chiedersi se il complesso abbia dei segreti. La risposta è “forse sì”. Sicuramente ci sono delle accortezze non a tutti note, a partire dalle vie di transito. Ad esempio, una serie di corridoi è in grado di garantire la sicurezza dl Papa con vie di fuga e accessi di sicurezza per la guardia pontificia.

Ma quali altri segreti cela il palazzo del Papa fuori dal Vaticano? Rimanendo in tema di passaggi segreti dovrebbe esistere un collegamento che addirittura scende fino al lago. Di questi collegamenti se ne fece uso durante la guerra mondiale, quando le peculiarità del palazzo, furono sfruttate per gli eventi legati alla storia recente italiana.

Approfittando dell’extraterritorialità, alcune famiglie di ebrei trovarono rifugio tra le mura all’indomani dell’8 settembre 1943. Dopo lo sbarco alleato ad Anzio del 22 gennaio 1944, anche gli abitanti di Castel Gandolfo, di Albano e dei paesi limitrofi, per un totale di qualche centinaio di persone, si rifugiarono nel complesso. Tra i politici ci fu anche Alcide De Gasperi, pur se per un breve periodo. Ancora testimonianze ricordano che Pio XII mise a disposizione il suo appartamento per le partorienti. Nella sua camera da letto adibita a sala parto nacquero in quel periodo circa 50 bambini.
Venendo a tempi più recenti, si ricorda ancora che Papa Giovanni XXIII si concedeva delle passeggiate uscendo dalla villa in incognito. Aveva l’abitudine di lasciare il complesso da un cancello secondario per fare giri nei dintorni. Una suora irlandese che lo ebbe in cura racconta che un giorno il Roncalli incontrò una coppia di signore che lo scambiarono per un sosia. Sicure di non essere sentite, commentarono che un Papa non poteva sicuramente essere tanto piccolo e bruttino. Il Papa buono, di indole bergamasca e dotato di una certa presenza di spirito, non sarebbe stato zitto e avrebbe risposto alle due che il conclave non era certo un concorso di bellezza. Una domenica mattina, mancava poco all’Angelus, si erano addirittura perse le sue tracce. Tutti si tranquillizzarono solo quando lo localizzarono vicino al lago di Albano e, appena un quarto d’ora prima dell’inizio della preghiera, si materializzò nel palazzo.
Paolo VI  si ritirava qui in riposo spirituale. Solo dopo una settimana riprendeva la sua naturale attività. Morì proprio a Caltel Gandolfo il 6 agosto 1978 e per tre giorni la salma rimase esposta nel paese, sino a quando un semplice carro funebre del Comune trasferì la salma a Roma.
Un altro grande camminatore era Karol Wojtyla. Usciva dal palazzo pontificio a piedi e faceva lunghe passeggiate. Pare che il Papa salutasse tutti e scherzasse con i bambini del paese, chiamandoli per nome grazie alla confidenza presa con gli anni. Durante il suo pontificato fu realizzata anche la tanto chiacchierata piscina. In realtà fu il risultato di una sponsorizzazione e, a chi lo criticava per la scelta, il Papa rispondeva scherzando che, se non si fosse tenuto in forma, un conclave per la sua successione sarebbe costato decisamente di più. Pare che l’abbia usata fino agli ultimi anni della sua vita e addirittura, mentre il suo entourage si ritirava stanco al termine delle trasferte, lui chiudeva spesso la sua giornata con una nuotata.
Anche Benedetto XVI ha lavorato molto nella quiete della villa pontificia. Non a caso si è ritirato, almeno per il momento, qui. Non manca, neppure per lui, la passeggiata quotidiana, con l’aggiunta di una pausa al pianoforte, quando nel cortile scendono con grazia Papale le note di Bach, Mozart e Beethoven, i suoi compositori preferiti.
Ora?

In Vaticano nulla si trasforma troppo velocemente e il recente terremoto non ha portato grandi scossoni fino a qui. L’aspetto più evidente è che la Guardia Svizzera non presidia più il portone, ora sorvegliato dalla gendarmeria vaticana e dai carabinieri. I pontifici con le loro uniformi colorate si sono ritirati lasciando un uomo che, dopo molti secoli, ha avuto il coraggio di fare un passo indietro per il bene comune.

Un illustre inquilino dunque c’è, ma non è più Papa.
In attesa di un nuovo pontefice, il suo predecessore aspetta con un drappello di giardinieri, fattori e manovali specializzati che conservano al meglio le ville e il parco. Un’ultima curiosità che ha qualcosa di misterioso: proprio il parco e il complesso sono riforniti da ben quattro acquedotti, perché? Il suolo vulcanico lascia scorrere così tanta acqua o c’è un qualche segreto che colli romani celano bene lontano dai corvi di Roma?


Il trono del papa si ricicla

Non è uno scherzo! Sulla  scia di bici, canoe, giocattoli e chi ne ha più ne metta, ho scoperto che perfino il trono del papa può essere in cartone. Leggero sì ma per niente fragile.

Tutto è successo a Malta dove, nella logica della sostenibilità, un’udienza pontificia si è svolta con solo pezzi di cartone riciclato. Tutti i pezzi, perfino il trono papale, erano infatti composti ripiegando fogli di imballo realizzati da una ditta specializzata italiana.
Mai cartone fu tanto santificato. E mai trono papale fu alla portata di tutti.