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Dopo la Terra dei Fuochi, muore la terra dell’acqua

Per la serie “a volte ritornano”, si parla di nuovo della TamOil di Cremona. Breve riassunto delle puntate precedenti: su un’area di quasi 90 campi di calcio si lavora l’oro nero in impianti collegati tra loro da una rete colabrodo dove i tubi sono fatti anche in vecchio klinker. 



Nell’85, il comune approvò alla leggera il rinnovo delle concessioni con la sola opposizione del consigliere radicale. Con le indagini, nel tempo si scopre che non c’erano solo tubi fatiscenti. Un ex dipendente interrogato dai giudici ha spiegato che nella fogna non finiva solo il liquido di lavaggio degli impianti, ma anche il drenaggio. Tradotto se, come me, non siete cinture nere di raffinazione carburanti: il primo lavoro che fa la raffineria è di togliere l’acqua dal greggio, che essendo più leggero, sta in alto, così si apriva una valvola e l’acqua pluf! nelle fogne bella sporca di idrocarburi. 

Ora, con del sano realismo: nessuno mette in dubbio l’importanza dei posti di lavoro, o il dato di fatto che il carburante, piaccia o no, da qualche parte bisogna pur produrlo. Ma i controlli? Dove sono le istituzioni a garantire la posizione dei cittadini? Se al sud c’è la terra dei fuochi, al nord c’è evidentemente la terra dell’acqua (inquinata) che avvelena ed è pericolosamente vicina al nostro principale fiume. E temo che nessuno abbia ancora fatto una statistica delle incidenze di patologie collegate a chi abita nella zona. 

Ricordate quando Erin Brokovich metteva sul tavolo degli avvocati l’acqua delle falde avvelenate? Ecco, comincerei a servirla ai responsabili e chiedere se la darebbero ai loro figli.

La casetta sul fiume

C’è una casetta sul fiume.

Se non fosse per il timore delle piene che l’hanno spazzata via cinque volte, potrebbe essere il sogno di chi ama addormentarsi abbracciato solo dal fruscio del vento e dalla voce dell’acqua. Per la cronaca si trova sulla Drina, il fiume tra Bosnia e Serbia.
Qualcosa di simile abbiamo anche noi sul Po, però in versione galleggiante.

Anche qui il fascino non manca, con in più la certezza di essere al sicuro visto che, in caso di piena, la casa galleggia restando ben ancorata alla riva. Il risveglio in compagnia degli aironi è garantito. Basta andare al Ponte della Becca, a pochi chilometri da Pavia sulla foce del Ticino nel nostro principale fiume, per trovarne alcune di molto interessanti. Dalla città è anche una bellissima pedalata.

Una curiosità: esistono anche prototipi di case galleggianti autosufficienti, grazie al vento e alla corrente.

Quel che non sorprende, però, è che lo sfruttamento della corrente dei fiumi non è una novità, ma è ben conosciuto da chi ha visto le vecchie foto dei mulini sul Po.

Sull’Adda esiste invece si trova il traghetto di Imbersago, che si sposta da una parte all’altra solo sfruttando lo scorrere dell’acqua. Fu perfino ritratto nelle tavole di Leonardo da Vinci.

Dimostrazione che le buone idee, prima o poi, tornano a galla.