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Il cibo avanzato a chi non ne ha, l’invito del Presidente Mattarella

Lo scorso 5 giugno – Giornata dell’Ambiente – visto da Expo2015 è stato un po’ diverso. C’era Sergio Mattarella tra i padiglioni. Il Presidente, nel suo discorso, ha pronunciato una invocazione potente come “il cibo invenduto a chi non ne ha” e altri concetti che prima di oggi erano stati espressi da persone che, nella migliore delle ipotesi, erano considerate visionarie.

Nutrire il pianeta è la sfida epocale. Ridurre gli sprechi è un grande impegno pubblico, a cui possono partecipare da protagonisti la società civile organizzata, il volontariato, il no profit, la cooperazione, l’impresa in ogni modo. La cultura dello scarto e del consumo illimitato non si concilia più in alcun modo con un futuro possibile, ne con lo sviluppo economico. Bisogna saper rinnovare e cambiare rotta. Su questo crocevia si è progettata la Expo di Milano. L’economia del futuro sarà più circolare, occorre aumentare l’efficacia del processo produttivo, facendo di più con meno, incentivando il riuso, riducendo l’impatto, gli scarti, l’emissione di gas serra. Aumentando le quote di energia rinnovabile. Oggi ci sono circa 700 milioni di persone che non hanno accesso all’acqua potabile, è un dato intollerabile. Se non saremo capaci di cambiare le produzioni agricole scegliendo quelle a minor consumo d’acqua, se non saremo capaci di cambiare le tecniche e le abitudini di consumo, se non saremo capaci di cambiare i meccanismi di accumulo, tra 10 anni, oltre la metà della popolazione mondiale rischierà di subire un grande stress idrico. La lotta alla povertà è oggi, ancor più che nel passato, sicurezza del genere umano e della terra. È un nome nuovo della pace. All’Expo di Milano si sta costruendo una pagina di storia per l’Umanità.

Solo belle parole? Forse! A me basta – per ora – che se ne inizi a parlare di fronte a tutti e ai massimi livelli. Poi ognuno faccia la sua parte, piccola o grande che sia. Anche tirando bordate. E qui di bordate ce ne sono da tirare perché il rispetto della biodiversità non si inventa. Permettetemi un’altra citazione. Questa volta Beppe Severgnini.

È la più bella passeggiata architettonica che c’è sul pianeta oggi, un’atmosfera da festa mobile.

Ma va detto che in Expo ci sono solo padiglioni che centrano in pieno l’obiettivo del “Feed the Planet” (Slow Food per la necessità di privilegiare il piccolo e sano, la Svizzera per capire il razionare per chi verrà dopo, l’Austria per comprendere il valore insostituibile dei polmoni verdi). Molti si avvicinano, alcuni sono agli antipodi (alla conferenza di presentazione del Kuwait lo sceicco è arrivato con il suo seguito su dieci – 10! – limousine, giuro, le ho filmate). Dunque grazie signor Presidente di essere venuto a rinfrescarci la memoria. Spero che noi della platea, tutti, coglieremo e applicheremo. Buon Ambiente anche a Lei.

La decrescita di Pepe Mujica: il passo indietro verso il futuro

Il libro del presidente uruguayano José “Pepe” Mujica sta scuotendo parecchi animi. C’è chi, percorrendo la strada indicata dal naturalismo di Latouche, condivide l’idea che la crescita non debba più essere vista come sinonimo di benessere e di migliori condizioni di vita. Ma c’è anche chi non crede che nella decrescita ci sia l’unica risposta per ristabilire un rapporto equo tra uomo e natura.

Quest’altra parte della barricata vede nella decrescita “una boiata pazzesca”, citando un articolo di Simone Paliaga che, dalla pagine di Libero, etichetta i principi della “decrescita felice” come semplici luoghi comuni radical chic. Per Paliaga, il capitalismo è l’unica ancora di salvezza. Si allineano su questa visione i saggi di Luca Simonetti Contro la decrescita. Perché rallentare non è la soluzione e di Chicco Testa Contro (la) natura. I due autori si oppongono convinti ai teorici della decrescita felice, puntando il dito contro chi vede nel consumare meno un conseguente miglioramento delle condizioni di vita per l’uomo. Secondo Simonetti consumare meno non ci mette automaticamente nella condizione di consumare meglio, con la storia che ci dimostra in modo evidente come quantità e qualità siano strettamente legate. “La qualità costa e i poveri tendono a consumare non solo meno ma anche peggio dei ricchi” scrive Simonetti, obiettando ai teorici della decrescita felice l’ostilità ad ogni forma di industria, di tecnica e di progresso. Sembra quasi che l’obiettivo dei sostenitori della decrescita sia quello di tornare ad uno stato “primitivo”, opinione che riprende anche Chicco Testa nel suo saggio quando, in modo sarcastico, banalizza le ambizioni primitivistiche.

È bellissimo vedere avanzare una tromba d’aria ma protetti dalle vetrate di un hotel extra lusso come è pregevole ammirare una tormenta di neve al tepore di un albergo aspettando le sciate dell’indomani … Non esistono equilibri ecologici che prescindono da equilibri sociali e dalla soddisfazione dei bisogni umani

Certi scenari sono sicuramente incondivisibili da pescatori che devono affrontare una tempesta in mare aperto o dai contadini che in una tromba d’aria vedono la minaccia del raccolto. Di fatto, trovo sorprendente la conversione a 360° dell’ex dirigente di Legambiente. Leggendo tra le righe sembra che la natura e l’uomo non possano avere un rapporto di reciproco rispetto, essendo l’essere umano spinto al progresso e quindi impossibilitato a ritrovare condizioni di vita ormai lasciatosi alle spalle. Dichiarazioni semplicistiche e stereotipate oserei dire, che non tengono in considerazione il vero obiettivo della decrescita felice, ovvero quello di raggiungere benessere e miglioramento delle condizioni di vita abbassando i consumi e utilizzando (magari anche ri-utilizzando) quello di cui abbiamo veramente bisogno, senza eccessi.

Gli autori dei saggi forse confondono troppo semplicemente il progresso con il voler fare soldi a tutti i costi. Sostenere la decrescita felice non vuol dire essere dei nostalgici bucolici, così come non significa tornare alla preistoria perché stressati dalla vita quotidiana. Piuttosto significa cercare di ristabilire quel rispetto reciproco tra noi e l’ambiente che ci circonda e che ci stiamo giocando. Ma soprattutto significa capire che c’è bisogno di una svolta altrimenti, tra pochi anni e con questo tasso di sfruttamento delle risorse, potrebbe non esserci più nulla su cui discutere. Per intenderci, non potremo dire “Ops, ci siamo sbagliati, le foreste ci servivano per respirare” quando non avremo più le foreste. Per dirla con le parole di Kenneth E. Boulding:

Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all’infinito in un mondo finito è un folle, oppure un economista

Questo pezzo è stato scritto con la preziosa collaborazione del collega Lino Cassese e pubblicato anche sull’Huffington Post.

Mattarella e La Cava, le pagine di un presidente

Mattarella è un presidente che, a mio parere, è partito col piede giusto. Di lui stiamo leggendo un po’ di tutto e forse iniziamo ad averne le orecchie piene. Vorrei, però, concentrarmi solo per un attimo su un suo gesto perché, se il buongiorno si vede dal mattino, penso che da questa figura possiamo aspettarci molto. Un capo di Stato che comincia dalle Fosse Ardeatine non è solo un uomo che rende omaggio a un eccidio. E’ il segnale che proprio partendo dalla nostra storia bisogna guardare avanti. Non sono le Fosse in quanto tali, mai abbastanza ricordate, ma il gesto del visitarle come primo atto. Sostituiamo pure storia con cultura, tradizioni, eventi che ci hanno segnato, mettete quello che volete ma posso quasi sapere solo il minimo indispensabile di Mattarella per mettere il primo like. Il suo si chiama “rispetto”.

Mi viene in mente una frase di Marguerite Yourcenar:

Fondare biblioteche è un po’ come costruire ancora granai pubblici: ammassare riserve contro l’inverno dello spirito.

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Per quanto mi riguarda, l’essersi infilato in quella cavità maledetta fa di Mattarella uno che le pagine scritte, piacciano o non piacciano, le legge, le rispetta, le porta con sé. Vedo le Fosse Ardeatine come una biblioteca con 335 storie urlate e spezzate. Con la visita delle scorse ore, sono state raccolte, spolverate e ordinate su uno scaffale e ritornate ad essere davvero un monito contro l’inverno dello spirito.

Trovo un certo parallelismo con un altro uomo, affatto famoso, forse meno titolato, forse senza calcolo politico – non so se Mattarella ne abbia ma qui non mi interessa – forse che non ha subito quello che la vita ha già riservato al neo presidente. Sicuramente è uno che non conoscerà né i riflettori della cronaca, né i saloni pomposi di Roma. Si chiama Antonio La Cava e ha perfino una fan page di facebook che lo acclama presidente della Repubblica. Antonio è un maestro elementare che, dopo 42 anni di servizio, anziché godersi la pensione in santa pace, ha preso un apecar e lo ha trasformato in biblioteca ambulante. Avete letto bene. Gira con il suo biblioautocarro tra i paesini della Lucania a trasmettere la passione per i libri e le storie. 500 chilometri al mese sono davvero tanti e sono quelli che macina tra le piazze annunciandosi al suono di un organetto.

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Ecco, forse, la chiave di tutto. Passione. Grazie Sergio, Grazie Antonio, vecchie pagine e vecchie piazze vi aspettano per essere rinfrescate dal vostro rispetto. Son pronto a scommettere che non ci deluderete.

Post scriptum. Mentre sto per chiudere il pezzo, apprendo che oggi (domenica) il Presidente, quello che sta a Roma, ha scelto di spostarsi a piedi nel centro per rispettare il blocco del traffico come tutti gli altri cittadini. L’esempio scende dall’alto e io gli appioppo subito un altro like.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Diretta dal Quirinale, niente presidente nuovo, menchemeno un governo, portami del cioccolato

Nove persone su dieci amano il cioccolato, la decima mente! (John Tullius)

Il cioccolato non è da demonizzare come spesso leggiamo, è anzi un prodotto che fa bene sostanzialmente per almeno quattro motivi:
1 – è antidepressivo (quanto ne serve in questo momento!!!)
2 – contiene antiossidanti (ottimi per la prevenzione di tumori e Alzheimer)
3 – migliora la concentrazione grazie alla presenza di caffeina e un’altra sostanza chiamata teobromina (con funzioni diuretiche, cardiotoniche e vasodilatatrici)
4 – aiuta nelle relazioni di un certo tipo favorendo eccitazione e desiderio sessuale.
Il prof. Veronesi consiglia l’abitudine di mangiarne un quadratino appena prima di andare a letto (considerata l’autorevolezza del personagggio, l’affermazione non va riferita al solo punto 4). Chi scrive non è così parco nelle dosi ma ritiene che certi miti sul cioccolato consumato con moderazione debbano essere sfatati. 
Le doti di toccasana valgono per tutti i cioccolati? No. Quando si fa riferimento alle varie proprietà di questo alimento tanto amato si parla sempre di cioccolato fondente, senza latte, e con una buona percentuale di cacao (almeno il 50%, ma meglio ancora il 70-80% ). Solo nel cioccolato fondente, infatti, è presente e mantiene inalterate tutte le sue proprietà un antiossidante noto come il nome di epicatechina
Se mi è concesso un consiglio, provate il cioccolato di Modica. Lavorato come facevano gli Atzechi, a freddo e con zucchero semolato, riesce a mantenere gli aromi originari fino a 4 volte rispetto al cioccolato normalmente in commercio. Leonardo Sciascia lo definisce “di inarrivabile sapore, che sfiora l’assoluto”.
C’è perfino poi chi utilizza il cioccolato per i trattamenti di bellezza, che lo rendono apprezzabile per la ricchezza di ferro, potassio e magnesio. In alcuni istituti lo usano anche per il peeling e i trattamenti facciali. Nel caso di qualcuno è evidente che servirebbe un miracolo, ma sono sicuro che basterebbe il profumo emanato immediatamente dopo il trattamento per essere, se non belli, sicuramente più simpatici.