Sei un mangiaplastica ma non lo sai (ancora per poco)

Vi siete fatti la dose di plastica anche oggi, rassegnatevi.
Non ve la siete procurata da uno spacciatore, ma l’avete acquistata in negozio o al supermercato, con un aspetto che ritenevate innocuo. L’ avete assunta in dosi considerevoli ma l’effetto lo misurerete solo tra qualche anno.
Ogni settimana ne ingeriamo cinque grammi, la quantità di una carta di credito. A denunciare la circostanza e quantificare la dose è il WWF con un comunicato eloquente.
Siamo stati ingegnosi nel creare un materiale praticamente eterno, al punto che una tanica può impiegare 3 secoli a dissolversi, servono 1000 anni a un contenitore di polistirolo di quelli per il gelato, 30 anni per un innocuo cotton fioc, ma la parte subdola della storia è che questi oggetti non si dissolveranno in un a pattumiera ma negli organismi, nostri e degli altri essere viventi. Non abbiamo ancora affatto chiaro quali saranno gli effetti per la salute.
I nostri fiumi annegano nella plastica al punto da far schifo a vedersi
e ogni giorno ci arrivano notizie di animali soffocati nei nostri mari per aver ingerito oggetti indistruttibili.

Poche ore fa è morta la femmina di dugongo che era diventata un beniamino in Thailandia dopo essere stata salvata da morte certa. Le notizie sono piene della sua foto mentre abbraccia i soccorritori. E’ morta per infezione da plastica.

Non serve volare in luoghi lontani per scoprire come siamo messi. L’Italia è corresponsabile assieme ad Egitto e Turchia di 2/3 della plastica riversata in mare. Il rapporto parla chiaro e la mappa della plastica nel Mediterraneo è agghiacciante. Ma non è ancora nulla rispetto a quel che ci aspetta. Potremmo scoprire che i prossimi esami clinici a cui ci sottoporremo
contempleranno, insieme alle solite voci, la percentuale di plastica che conteniamo.

Mi preoccupa il fatto che nessuno dei medici ce lo stia dicendo apertamente. Le iniziative delle “settimane senza plastica” si moltiplicano ma la verità è che dobbiamo puntare a una vita plastic free, pensandoci quando compriamo oggetti e alimenti in confezioni da gioielleria o quando buttiamo senza riflettere un elettrodomestico non funzionante che invece sarebbe riparabile.

Ieri ero in una pizzeria di una catena molto famosa a Milano e ho chiesto che mi riempissero il bicchiere d’acqua. Non c’è stato verso: se volevo dissetarmi serviva un bicchiere nuovo.
Serve un salto di qualità che si lasci alle spalle il “tanto vale comprarlo nuovo che costa meno” perché quel “costa meno” è solo un valore monetario istantaneo che non tiene conto dei costi reali
di tutta la filiera.

C’è un documentario drammatico sul tema e racconta come ci siano nel mondo aree letteralmente sepolte dalla plastica, con la gente che vive immersa in questo materiale. Le protagoniste sono due famiglie che hanno fatto dei polimeri la loro fonte di sostentamento. Sono quelli con la plastica intorno.
Non vorrei che fosse solo l’inizio. Non servirà andare in Cina e scoprire che i protagonisti di una ipotetica futura seconda parte del filmato saremo noi, quelli con la plastica dentro.