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Mattarella e La Cava, le pagine di un presidente

Mattarella è un presidente che, a mio parere, è partito col piede giusto. Di lui stiamo leggendo un po’ di tutto e forse iniziamo ad averne le orecchie piene. Vorrei, però, concentrarmi solo per un attimo su un suo gesto perché, se il buongiorno si vede dal mattino, penso che da questa figura possiamo aspettarci molto. Un capo di Stato che comincia dalle Fosse Ardeatine non è solo un uomo che rende omaggio a un eccidio. E’ il segnale che proprio partendo dalla nostra storia bisogna guardare avanti. Non sono le Fosse in quanto tali, mai abbastanza ricordate, ma il gesto del visitarle come primo atto. Sostituiamo pure storia con cultura, tradizioni, eventi che ci hanno segnato, mettete quello che volete ma posso quasi sapere solo il minimo indispensabile di Mattarella per mettere il primo like. Il suo si chiama “rispetto”.

Mi viene in mente una frase di Marguerite Yourcenar:

Fondare biblioteche è un po’ come costruire ancora granai pubblici: ammassare riserve contro l’inverno dello spirito.

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Per quanto mi riguarda, l’essersi infilato in quella cavità maledetta fa di Mattarella uno che le pagine scritte, piacciano o non piacciano, le legge, le rispetta, le porta con sé. Vedo le Fosse Ardeatine come una biblioteca con 335 storie urlate e spezzate. Con la visita delle scorse ore, sono state raccolte, spolverate e ordinate su uno scaffale e ritornate ad essere davvero un monito contro l’inverno dello spirito.

Trovo un certo parallelismo con un altro uomo, affatto famoso, forse meno titolato, forse senza calcolo politico – non so se Mattarella ne abbia ma qui non mi interessa – forse che non ha subito quello che la vita ha già riservato al neo presidente. Sicuramente è uno che non conoscerà né i riflettori della cronaca, né i saloni pomposi di Roma. Si chiama Antonio La Cava e ha perfino una fan page di facebook che lo acclama presidente della Repubblica. Antonio è un maestro elementare che, dopo 42 anni di servizio, anziché godersi la pensione in santa pace, ha preso un apecar e lo ha trasformato in biblioteca ambulante. Avete letto bene. Gira con il suo biblioautocarro tra i paesini della Lucania a trasmettere la passione per i libri e le storie. 500 chilometri al mese sono davvero tanti e sono quelli che macina tra le piazze annunciandosi al suono di un organetto.

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Ecco, forse, la chiave di tutto. Passione. Grazie Sergio, Grazie Antonio, vecchie pagine e vecchie piazze vi aspettano per essere rinfrescate dal vostro rispetto. Son pronto a scommettere che non ci deluderete.

Post scriptum. Mentre sto per chiudere il pezzo, apprendo che oggi (domenica) il Presidente, quello che sta a Roma, ha scelto di spostarsi a piedi nel centro per rispettare il blocco del traffico come tutti gli altri cittadini. L’esempio scende dall’alto e io gli appioppo subito un altro like.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Villa romana festeggiata col cemento

Una scoperta archeologica porte cementificazione e abuso alle porte di Roma.

Se non conoscete Marco Valerio Messala Corvino non preoccupatevi, non lo avevo mai sentito nominare neppure io finché non ho letto le dichiarazioni dell’archeologa Aurelia Lupi, quella Aurelia Lupi il cui lavoro fece notizia in giro per il mondo allorché, in un grande spazio verde della campagna tra Roma e Ciampino, vennero portate alla luce sette meravigliose statue di Età augustea. La sua dichiarazione fu perentoria.

Una di quelle scoperte che capita una sola volta nella vita di un archeologo

Ecco, se ora vi passasse per la testa un ragionamento tipo “Fico! Posso aspettarmi la valorizzazione del luogo dove un console romano si circondò di bellezza e magari ospitò i poeti della sua epoca” sappiate che siamo fuori strada. Per quegli illusi – scrivente compreso – che immaginavano tramontato definitivamente il periodo in cui urbanisti compiacenti assecondavano la briosa attività dei signori del mattone, non c’è speranza. Comincio davvero a pensare che tutte le ricchezze che abbiamo non ce le meritiamo. È evidente che in questo momento non possiamo permetterci cantieri di restauro ovunque e a qualcosa dovremo rinunciare, ma da lì a dare il semaforo verde all’edilizia d’assalto ne passa.

Soluzioni possibili? Vincolare l’area. Pare fosse stato fatto, ma poi sono state allentate le restrizioni. Oppure cercare il mecenate oltre confine e proporgli un’operazione di sponsorizzazione. Volete che nessun russo, cinese o indiano accetti di farsi bello nel dire a casa o nel suo club di aver adottato un’opera inestimabile nella bellissima Italia? Sì, perché sia chiaro che, nonostante tutti i nostri sforzi nel ‘bruciarci’ luoghi o occasioni, continuiamo ad essere invidiati. Parlandone, qualcuno mi ha obiettato che una operazione del genere sarebbe volgare e non controllabile. Sono abbastanza convinto che la vera volgarità stia nella bruttezza delle palazzine. Mentre per la controllabilità penso a quanti archeologi, magari neolaureati, farebbero a gomitate per assumersi l’onere e il relativo stipendio, con la certezza che nessun oligarca si farebbe problemi a vedersi aumentata la spesa perché lo Stato italiano, assieme al bene, gli affida anche un vigilante appassionato.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Il sesso al tempo dei romani, antichi

Da quanto mancate da Pompei? Potrebbe essere il momento di tornarci.
Se credete che sesso e politica siano una combinazione dei nostri giorni, diamo un’occhiata ai tempi dei romani per scoprire che l’archeologia non è mai stata così hot. National Geographic dedica 42 minuti per raccontarci cosa succedeva a Pompei

Dalle coppe per le bevande fino alla segnaletica stradale, Pompei nuotava nel sesso, dice uno dei ricercatori intervistati.

Il doc, appena pubblicato, è disponibile solo in inglese, ma le immagini sono eloquenti. Il messaggio pure: se un piccola città come Pompei aveva circa una cinquantina di luoghi di consumo del sesso a pagamento, con molti di essi destinati ai potenti, cosa possiamo immaginare succedesse a Roma? 


Tutte le scene in esterno sono state girate in Pompei, mentre le scene del Gabinetto Segreto sono filmate al museo archeologico di Napoli. Entrambi i luoghi sono i visitabili, ma nessuna guida italiana sarà tanto esaustiva come il prof. Andrew Wallace e i colleghi che accompagnano le ricostruzioni del Lupanaro, il più famoso bordello della città congelato nel tempo dalla furia del Vesuvio e aperto alle visite pubbliche nel 2006. Quanto erano espliciti i romani? Molto, nessun problema a riportare falli maschili nelle strade o sulle facciate delle case. Poteva essere anche solo un segno portafortuna, ma come spiega il documentario si potrebbe ritenere che fosse anche una indicazione immediata di dove trovare sfogo. 



L’altRa velocità , zero TAV, solo boschi e libri

Sono un consumatore incallito di TAV. Ho fatto talmente tante volte la Milano-Roma-Milano che credo Moretti potrebbe intestarmi un chilometro, un vagone o un viadotto, lascio a lui la scelta. Vorrei però condividere un inno ai treni locali. Con due quadretti che non hanno niente a che vedere con i 300 all’ora del Frecciarossa, nell’era del digitale sono semmai pellicole in bianco e nero dell’altRa velocità.


Regionale 2039 Milano-Pisa, via Fiorenzuola-Aulla
Nel mezzo dell’Appennino il treno si ferma e l’altoparlante annuncia che “come previsto dall’orario” il convoglio rimane fermo 15 minuti. Sono piú o meno le sette e in quel di Berceto tutte le porte si aprono come per sostituire l’aria stantia della Val Padana con il profumo delle valli. I cinguettii annunciano la sera. La stazione è come se fosse sospesa tra le due estremità del binario, punti di fuga lontanissimi dalla fretta di arrivare. Trascorsi i minuti, l’ometto in divisa fischia, i drogati del fumo risalgono, il matto che fotografa i binari (e che ora leggete) pure, quelli andati al bar ritornano. Quando tutti sono di nuovo a bordo si riparte, ma non prima che, come un babbo coi suoi ragazzi o un maestro cogli alunni indisciplinati, il capotreno si sia accertato che tutti siano risaliti. Sporgendosi su entrambi i binari, il ferroviere rifischia e le fronde degli alberi tra i muri in pietra ricominciano a scorrere sui finestrini.


Regionale 11075 Firenze-La Spezia
Altro treno, altro giro, altro regalo. Una di quelle carrozze su e giù che, se hai fatto il pendolare negli anni ’70 ’80 e ’90, le tue gambe ricordano perfettamente. Trent’anni, cambiano i colori ma rimane la sostanza. Sedile rigido da fachiro, in quattro per fila, zero bracciolo, poco spazio per allungare le gambe. Mi capita di essere sulla parte alta dell’ultimo vagone. Siamo in dieci e in dieci stiamo leggendo un libro. Non lo stesso. Il mio credo sia il piú datato, Le braci di Sandór Marái, una storia struggente scritta come vorresti scrivere, me lo ha consigliato Morgan Palmas, Sulromanzo.it. Incredibile che nessuna zabetta ferroviaria infligga i c…. propri al resto del vagone. Altrettanto incredibile che nessun manager da Tav faccia del suo peggio per mostrare di avere un iCoso piú grande di tutti gli altri.

Sì, è l’altRa velocità, si muove in tempi che il Frecciarossa ci girerebbe la penisola intera, ma come non amarla?
Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Earth Day, supereroi alla festa della Terra

Supereroi cercasi! Non sfogliate i Comics. Oggi si celebra la Giornata Mondiale della Terra. Indetta dall’ONU, si propone di sensibilizzare i cittadini del pianeta sul tema dell’ambiente. Ogni paese che vi aderisce, declinerà la ricorrenza attraverso migliaia di eventi. Nel nostro paese,
Earth Day Italia organizza momenti di incontro in giro per la penisola.

Dal 22 al 29 aprile al Maxxi di Roma c’è “Cambiamo Clima!”, una mostra fotografica con cui si raccontano al grande pubblico gli Eroi della Terra. I protagonisti sono supereroi ma non sono usciti dai Comic Book. C’è la storia del guardiano delle più grande discarica campana che respira piano per non morire asfissiato, quella dei netturbini siciliani che ritirano i rifiuti tra le case a dorso di mulo, la testimonianza della famiglia i cui genitori hanno deciso di vivere in un bosco tra Veneto e Trentino, i ricordi del guardaparco dell’oasi di San Massimo, dove 200 ettari di foresta sono curati senza usare prodotti chimici. Nel riportare la notizia, Repubblica accompagna con un bel commento di Carlo Petrini, Patron di Slow Food. Chi sono i supereroi della Terra nel 2014?

Sono quelli che crescono il cibo e fanno sì che la terra l’aria e l’acqua, le risorse che servono a fornircelo, non si compromettano mentre vengono impiegate. Sono i custodi di un pezzo di mondo con il loro piccolo orto, la loro piccola azienda agricola, i terreni sui quali seminano e generano il cibo per la loro famiglia o per un’economia locale che non chiede che si distrugga per produrre, ma pretende che si conservi la porzione di terra su cui si vive, grazie a cui ci si nutre. Sono tanti per il mondo. Ho il privilegio di conoscerne molti, grazie alla rete internazionale di Slow Food e di Terra Madre e so che molti altri ancora ce ne sono. E credo siano in aumento. 

A Roma, il 21 aprile si è tenuta la Maratona a Km Zero nella Riserva Naturale del Parco dell’Aniene, per promuovere la fruizione dei Parchi Urbani e dei Prodotti a Km Zero nell’Anno Internazionale dell’Agricoltura Familiare. È stata l’occasione per ricordare ville, giardini, parchi urbani, aiuole, un patrimonio di cui spesso non ci rendiamo conto. Non è solo una una questione estetica, ma di salute. Sapevate che in Italia il verde urbano contribuisce ad assorbire 12 milioni di tonnellate di CO2, pari al 3% del totale delle emissioni nocive della penisola?

Per la 44esima edizione della manifestazione, l’ONG ambientalista Green Cross, insieme ad Earth Day Italia, hanno deciso inoltre di pubblicare un decalogo che spieghi come fare a ridurre i nostri rifiuti. Secondo un rapporto Ispra, infatti, nel nostro Paese si contano annualmente 31,4 milioni di tonnellate di rifiuti urbani: molti sono smaltiti in modo scorretto, spesso abbandonati sul ciglio delle strade o “nascosti” nelle zone verdi.

I consigli di Earth Day sono conosciuti ai più, ma servono comunque per avvicinare le molte persone che ancora non hanno sviluppato una sensibilità sul tema.


1. Evita i prodotti usa e getta. Un esempio: le pile ricaricabili si possono riusare centinaia di volte, facendo risparmiare a te denaro e all’ambiente pericolose sostanze;

2. internet permette di inviare e ricevere documenti ed evitare di stamparli: si salvano alberi e si limita l’inquinamento causato dai trasporti;

3. comprando prodotti sfusi e alla spina al supermercato si limitano imballaggi di carta, cartone, plastica, polistirolo;

4. dimentichiamoci dei sacchetti di plastica: per gli acquisti preferiamo le borse di carta, cotone, iuta, biodegradabili o comunque riutilizzabili;

5. impariamo a preferire cibi e acqua che arrivano da vicino e impariamo a cucinare anche con gli avanzi : esistono tantissime gustose ricette che ti aiutano a “ricreare” al meglio gli alimenti, evitando che vadano a finire nell’immondizia;

6. per conservare gli alimenti, usiamo i contenitori di vetro e non l’alluminio: inquina, e per la sua produzione lo spreco di energia è enorme. Se si consumano lattine e pellicole di alluminio, è importantissime che siano smaltite negli appositi cassonetti;

7. se indumenti, accessori o giocattoli non ti piacciono più, regalali a qualcun altro: quello che per noi è uno scarto, per un’altra persona può diventare una risorsa preziosa. Conosci, ad esempio, i gruppi di “Te lo regalo se vieni a prendertelo“?;

8. prima di gettare via un computer o un telefonino, verifica che non si possa riparare o che non esistano pezzi di ricambio. E ricorda che le apparecchiature elettroniche vanno smaltite in modo adeguato e non gettate nell’indifferenziata;

9. fai la raccolta differenziata, soprattutto della frazione organica: in questo modo si possono produrre fertilizzanti alternativi a quelli chimici;

10.non bruciare rifiuti di alcun genere: la combustione incontrollata dell’immondizia libera nell’aria sostanze molto velenose.

Buona Pasqua a chi saprà da dove arriva la carne che ha nel piatto

Una eclatante protesta dell’associazione Essere Animali ha portato in piazza Duomo a Milano quattro cadaveri. 
Sono agnelli, ma non sono stati uccisi per essere macellati. Anche se quello era il loro destino, sono morti di stenti per le condizioni in cui sono stati allevati e trasportati. 
Questo non è un messaggio contro il valore delle tradizioni o a favore dei vegetariani convinti. E’ solo un post per incoraggiarci a chiedere da dove arriva quello che mangiamo e per sensibilizzarci sul fatto che c’è carne e carne. Sapere cosa si ha nel piatto e che quello che si vede ha seguito la via giusta, è un dovere prima ancora che un piacere. Si chiama consumo consapevole. Lo si respira quando si mangia in cascina, o se sei in città in posti come Eataly, e non è un marchettone al Farinetti di turno.
Il professor Veronesi sostiene che un italiano su due morirà a causa di un tumore, molti dei quali indotti dall’eccessivo consumo di carne. La carne la mangio, ma voglio essere certo da dove arriva. Questa dovrebbe essere un’ulteriore riflessione. La riporto, se non bastassero quei quattro cuccioli esibiti…

Un uccello che mette paura in città

La colomba di Papa Francesco attaccata prima da un corvo e poi da un gabbiano. E’ normale? Quasi! Domenica mattina registravo un’intervista a Roma. Complice il silenzio surreale della giornata festiva e le grida dei gabbiani, se avessi chiuso gli occhi avrei potuto immaginarmi al Circeo o alle Cinque Terre. Eppure ero nella capitale. Poi i gabbiani si sono fatti più insistenti. Al ricordo che uno di loro ha perfino attaccato la colomba di Papa Francesco, ho riflettuto come un po’ di tempo fa non fosse così. Perfino a Milano questi pennuti sono sempre più frequenti.


Poi la riflessione, stimolata dall’articolo di Repubblica. Se in città, tra rifiuti e discariche urbane, il cibo abbonda e gli edifici offrono un discreto riparo 12 mesi l’anno, chi lo fa fare ai gabbiani di svolazzare sopra le onde in attesa dei pesci? Nella sola capitale, si stimano attualmente 40.000 gabbiani, praticamente una città nella città. Visualizziamoli in una gigantesca voliera e proviamo a immaginare quanto guano e schiamazzi sono in grado di produrre. Passino le grida, perfino piacevoli a volte, ma il guano è portatore di elementi patogeni. Ma il rischio è anche un altro: stanno diventando più temerari e aggressivi nei confronti dell’uomo.

Nel periodo della riproduzione, tra aprile e luglio, diventano violenti e attaccano le persone che si avvicinano per difendere le uova. Gli uccelli più piccoli, come i passeri, i pettirossi, gli scriccioli, stanno sparendo dalla città, predati dai gabbiani – dichiara Bruno Cignini, zoologo e direttore del dipartimento Ambiente del Comune di Roma – Quale habitat migliore della nostra città, che per decenni ha assicurato succulenti pasti al “ristorante Malagrotta” (una delle discariche cittadine, ndr) e continua ad offrire cibo a volontà dai cassonetti ridondanti di rifiuti? I gabbiani si riproducono a ritmi esponenziali: da ogni coppia nascono almeno due piccoli, e ormai siamo a 40mila esemplari.

Che fare? La leggenda racconta che tutto partì dall’incontro tra una gabbianella ferita portata in città da Folco Pratesi per essere curata e un gabbiano di passaggio. Fu subito amore, e colonia per nidificare. Chi avrebbe mai pensato che una storia così finisse poi col minacciare l’uomo? Che sia una lezione della natura?
Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Come ho detto a Sorrentino che La grande bellezza mi è piaciuto

Ho incontrato Paolo Sorrentino dopo l’ennesima discussione con amici su La grande bellezza, l’Oscar e la figura di Jep Gambardella.
Non sono un critico cinematografico ma mi piace il cinema e la faccio semplice:
> il lavoro si ispira alle atmosfere del La dolce vita di Fellini e a La terrazza di Ettore Scola, ma lo stesso regista riconosce le citazioni e scagli la prima pietra chi non fa qualcosa che non tragga ispirazione da qualcosa già fatto prima,
> ha una realizzazione stilistica di assoluto rilievo,
> rende a Roma la splendida cornice che merita,
> ci sono due dialoghi che sono scritti da urlo e, lo ammetto senza pudore, vorrei saper scrivere così. In entrambi il protagonista è Jep Gambardella: il primo è la conversazione tra amici sulla terrazza (argomento: l’impegno civile) e il secondo un monologo sul come comportarsi a un funerale.
Disturba a qualcuno questo ritratto di Italia? Sicuramente, ma siamo così e se non ci piaciamo in una foto non possiamo certo prenderla col fotografo, tanto più se la foto è impeccabile.
Grazie Sorrentino, anche per il tempo che mi hai dedicato sfrecciarossando tra Roma e Firenze.

20 minuti per non dimenticare

Oggi è la Giornata della Memoria.
Per capire davvero, oltre a tutto quello che già sappiamo, facciamo un piccolo esperimento. Guardate l’orologio, calcolate 20 minuti da questo istante, poi leggete il foglietto giallo, immaginate che ve lo abbiano consegnato uomini armati e immaginate che in questi 20 minuti il vostro mondo debba essere chiuso in una valigia e pronto a un viaggio quasi sicuramente senza ritorno.
70 anni fa questo biglietto, sebbene dai toni pacati e incoraggianti, era una sorta di ordine di esecuzione a morte.

La data è il 16 ottobre 1943.
Il foglietto contiene le istruzioni impartite durante rastrellamento nazista al ghetto di Roma.
1022 partirono per Auschwitz.
200 erano bambini.
16 solamente sono quelli tornati.
Non illudiamoci se non siamo ebrei, dissidenti, omosessuali, zingari. Chi esercita la violenza è accecato e può trovare in ogni momento una ragione per puntarci un’arma addosso.
La storia è ciclica e può ripetersi, facciamo girare, facciamo che non ricapiti. Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post. Il foglio è tratto dall’archivio Di Veroli, ringrazio Andrea di Stefano per la segnalzione.

Colora l’autunno con la fotografia

Sembra una stagione straordinaria per gli amanti della fotografia. Tra Roma e Milano, passando per Firenze, gli appassionati di foto, natura e viaggi hanno tre tappe da non mancare. A Roma si celebrano i 125 anni di National Geographic. Per introdurre la mostra, in un bell’allestimento nel Palazzo delle Esposizioni, il curatore Guglielmo Pepe cita lo scrittore, fotografo, etnologo Fosco Maraini.

“Poter gettare ponti che scavalchino millenni, continenti, civiltà, raggiungere esseri umani che lingue, scritture, leggi, costumi, fedi diverse parrebbero dividere inesorabilmente da noi, e scoprire invece che ci sono similissimi – quasi dei fratelli – ecco un insigne piacere.”

L’insigne piacere è mantenuto anche a Milano. Direttamente dal Museo di Storia Naturale di Londra e col patrocinio della sezione documentaria della Bbc, al Museo Minguzzi c’è la selezione del Wildlife Photographer of the Year. Il premio è assegnato ogni anno dal 1967.

I migliori scatti da 98 paesi del mondo si succedono in una collezione di colori che dissetano e ti mettono addosso, non ne avessi abbastanza, la voglia di fare di tutto per difendere la biodiversità del nostro pianeta.

Rigorosamente in bianco e nero, invece, a Firenze è protagonista l’uomo con la mostra di Izis Bidermanas alla fondazione Alinari.