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A Genova per la Shoah con Bent

Sul Secolo XIX  e Repubblica, la prima del Bent di Sherman a Genova con il prologo de L’ultima onda del lago. La messa in scena della compagnia Cervelli in tempesta  è notevole e personalmente sono davvero  onorato per l’accostamento.

La serata ha aperto la rassegna Occhiali d’Oro, dedicata alla memoria delle persecuzioni omosessuali. Non ri ricorda mai abbastanza…

C’è una bomba innescata sull’Italia

Il disastro del Vajont coi suoi morti potrebbe ripetersi. Su altra scala e in altri luoghi, ma potrebbe ripetersi. Il 9 ottobre del 1963 un pezzo di montagna crollava in un invaso dopo che le acque dello stesso invaso ne avevano rosicchiato le fondamenta. L’onda provocata travolse tutto e tutti quelli che incontrò nella sua corsa verso il fondovalle. E’ stata la cronaca di un disastro annunciato perché tutte le evidenti avvisaglie erano state ignorate. Quanti Vajont rischiamo?
Nella ricorrenza della tragedia, lo stato italiano commemora oggi le vittime dei disastri ambientali. Il governo sta lavorando attraverso ‘Italia sicura’ al collocamento dei fondi (quasi 10 miliardi di Euro) sulle aree a rischio. Scorrendo il comunicato si assiste all’appello delle ultime frane, esondazioni, dissesti che hanno toccato la penisola. Tirassimo una linea sull’ultimo secolo, sarebbe circa 12000 il totale delle vittime provocate dalle frane, un dato che non stupisce neanche troppo in una nazione dove 4 comuni su 5 hanno almeno un’area a rischio. Con la tropicalizzazione crescente del clima nazionale è come se fossimo seduti su una bomba ad orologeria. Niente esplosivo ma terra e acqua improvvise e in quantità micidiali.
La data anticipa di 4 giorni la ricorrenza scelta dall’ONU per ricordare i disastri.Oxfam.org stima in 500 miliardi di dollari (un quarto del PIL italiano) il danno delle catastrofi mondiali legate ai cambiamenti climatici. La cifra è solo un contatore asettico se lo scorrere delle lancette non segnasse la fine di vite umane legata al dissesto globale. E come spiega il direttore esecutivo di Oxfam International Winnie Byanyima:
I leader mondiali si stanno comportando come se avessimo ancora tempo per giocare, ma in realtà stanno giocando con la vita delle persone. Il cambiamento climatico sta producendo i suoi effetti ora, distrugge tantissime vite e affama sempre più persone nel mondo. I costi stanno aumentando e il ritardo potrà solo peggiorare la situazione.
Nel caso italiano e nel caso planetario, dunque, il fattore tempo è determinante. Tutti sembrano concordi nel non porsi più la domanda ‘se succederà’ ma ‘quando succederà’. Forse è il segnale che, spero, metterà chi è nella stanza dei bottoni, e dei portafogli, nelle condizioni di fare in fretta. Se la montagna che hai sopra la testa inizia a scricchiolare, è già troppo tardi.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Catastrofi: dobbiamo imparare cos’è un medicane

Si leggono contemporaneamente di catastrofici effetti sul clima portati agli estremi delle alte temperature o di imminenti glaciazioni. Il denominatore comune tra le due teorie è il disastroso effetto che sta modificando il modello climatico, probabilmente influenzato anche dalle attività umane.

Entrambe le previsioni condividono previsioni affatto ottimistiche per l’area del Mediterraneo. Filippo Giorgi, unico scienziato italiano presente nell’organo esecutivo del Comitato Intergovernativo per i Cambiamenti Climatici (IPCC) oltre che vincitore del Premio Nobel per la pace 2007 insieme ad Al Gore, in una intervista su Vanity Fair si esprime anche alla luce dei recenti eventi che hanno sconvolto la Sardegna chiarendo che le popolazioni del Mare Nostrum dovranno familiarizzare prima possibile con il neologismo “medicane”, composto da Mediterraneo e hurricane (uragano in inglese).

Non aumentano la frequenza degli eventi, sostengono all’IPCC, ma la loro intensità. Non pensiamolo come a un problema lontano, perché i modelli di studio affermano che le zone più esposte alle formazioni e eventi di portata catastrofica per entità delle precipitazioni sono entrambe in Italia, precisamente nel Golfo di Genova e in Sicilia.

Ci sono due aspetti positivi, se vogliamo coglierli, per le azioni di rimedio del futuro. Il primo, macroeconomico, è che secondo Giorgi non siamo al punto di non ritorno. Se riusciremo a contenere le emissioni di CO2 e di gas serra in atmosfera riusciremo a contenere anche l’aumento del 2% della temperature, ma dobbiamo agire presto, non oltre il 2050.

Il secondo, di carattere ambientale, concerne il dissesto idrogeologico che in Italia è un cancro di cui troppi amministratori si sono disinteressati benché responsabili. Possiamo agire sulla certezza della pena e sull’obbligo di ripristino con sanzioni anche pecuniarie che dovrebbero essere un disincentivo concreto per chi, dietro scrivanie importanti, deve riflettere prima di apporre firme di comodo su edifici e opere inutili. Licenziare qualcuno in tronco e mandarlo a spalare fango non sarebbe una cattiva mossa. I morti, purtroppo non li ripaga nessuno, ma sapere che almeno qualcuno ha pagato limiterebbe (forse) prossimi disastri.

Per il turismo, meglio la Nigeria dell’Italia

Provo a descrivere lo scintillio della più prestigiosa fiera del turismo sul pianeta, il WTM (World Travel Market) appena concluso a Londra. Due giganteschi padiglioni che nel grigiore novembrino sul Tamigi sfavillano in una fantasmagoria di colori con gli stand degli espositori che gareggiano al design più accattivante. Tutti gli espositori? No, purtroppo.

Siamo la nazione del buon gusto, ma quando arrivi nello spazio del Bel Paese trovi un brutto, bruttissimo stand. Vorrei davvero conoscere chi è il genio che ha progettato l’allestimento (uguale da almeno sei anni, posso dimostrarlo) perché se anche lui arriva dal paese di Michelangelo, Raffaello e Caravaggio, del nostro paese deve avere preso la parte peggiore. Signori organizzatori: il turismo è il nostro petrolio, perché lo diamo via in barattoli arrugginiti?

La pessima presentazione in contraltare agli arrivi pur sempre lusinghieri, conferma però che siamo un paese ambito e meraviglioso. Non oso immaginare come lieviterebbero gli arrivi se solo imparassimo anche a presentarlo. Lo dimostrano i riconoscimenti.

Nonostante tutto, infatti, il popolo dei viaggiatori continua a venire e a premiarci. A fine manifestazione c’è stata l’assegnazione degli awards, dove la Liguria l’ha fatta da padrona con la vittoria di Genova come miglior destinazione di tappa crocieristica e le nomination del capoluogo per la categoria “City break” e di Sestri Levante per la categoria “Room with a view”.
Nessun cenno all’Etna neo componente nella lista del Patrimonio Unesco delle natura, nessun cenno al tour delle Ville Medicee, ancora riconosciute dall’Unesco, questa volta nel world heritage per la cultura. Povera Italia.

Sarà contento Andersen che proprio a Sestri trascorse una parte della sua vita. Un po’ meno io che, pur gioendo per la Liguria, mi rammarico perché vivo nel paese più bello del mondo ma quando si tratta di presentarsi alla fiera più importante del mondo siamo sotto i livelli della Nigeria (anche qui, posso dimostrarlo).

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.