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L’uomo che spreme acqua dalle nubi

Anche se le secchiate d’acqua che hanno innaffiato l’Italia la scorsa primavera lasciano credere il contrario, l’area mediterranea potrebbe prima o poi doversi confrontare con problemi legati a siccità e desertificazione.

Una possibile soluzione arriva da lontano. Carlos Espinosa è originario di Antofagasta. In questa zona del Cile le precipitazioni annue di solo un millimetro obbligano la popolazione a sostenere costi altissimi per dissalare l’acqua marina e soddisfare il fabbisogno idrico della comunità.

“Fin da bambino, ho notato che le nubi sfioravano il suolo delle montagne, ma non sapevo cosa fosse – dichiara il fisico sudamericano – Più tardi, all’università ho capito che il fenomeno poteva essere sfruttato. Esiste un processo per cui alcune piante catturano acqua con l’estremità delle foglie toccate dalla nube. Abbiamo applicato lo stesso concetto con delle reti. La prima volta che abbiamo ottenuto acqua dalla condensazione nel deserto è stato sorprendente”.

Certe piante dei crinali montuosi hanno il potere di raccogliere acqua con l’estremità delle foglie. Lo spirito di osservazione ha portato Espinosa a creare un semplicissimo sistema di reti cattura-umidità che filtrando le nubi mosse dal vento riescono a sintetizzare acqua facendola convergere in raccoglitori.
In Italia consumiamo circa 175 litri d’acqua pro capite AL GIORNO.
Quella di Espinosa non sarà dunque la soluzione definitiva per risolvere il problema idrico di comunità molto assetate come la nostra, ma il sistema ecofriendly e di facile realizzazione può essere un aiuto dove le risorse sono povere, oltre che uno stimolo a responsabilizzarci sui consumi scellerati che prima o poi ci potrebbero creare dei problemi. Come dire che poche gocce dalle nubi dovrebbero essere un esempio al nostro fiume di spreco.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Arriva Calcolino, la punizione extraterrestre che fa impallidire i Maya

C’è un fondo di verità nella comicità e c’è un fondo di comicità nella verità (la frase credo sia di Charlie Chaplin) perfino se si parla di ecologia (l’aggiunta è mia, non so se Charlot fosse ecologista).


Oggi aggiungiamo a queste sfumature di umanità comici che urlano di politica e politici che urlano di comicità, lasciando che verità e vis comica si mischino senza distinzione nel minipimer dell’informazione. Facciamola breve: qualcuno nel modo sbagliato dice cose giuste, altri nel modo giusto concatenano una serie curiosa di cose sbagliate, o solo giuste ad personam. Dico, a rischio di polemica, che lo fa nel modo “giusto” perché se qualcuno continua a prendere voti o consensi un motivo ci sarà e prima o poi qualcuno dovrebbe prendere atto di questo. Ma non è questo il punto. E’ che spesso con la comicità si riesce a sensibilizzare la gente. E’ capitato qualche giorno fa.
Un comico (Benni, Stefano) dice una serie di verità sacrosante e in modo gradevole. Ora: immaginate un ometto di mezza età (sorprendentemente simile a chi firma queste parole) in sala di attesa a Milano Centrale, mentre legge questo articolo di Repubblica.
L’ometto sta piangendo dal ridere con la gente che si avvicina a chiedere “tutto a posto?”. La risposta giusta è “a posto un cavolo”. Qui si ride mentre Benni, autore dell’articolo che l’ometto sta leggendo, è elegantissimo nel ricordarci che visti da occhi extraterrestri siamo condannabili per:
>”inquinamento e surriscaldamento atmosferico e oceanico  per scioglimento ghiacciai”,
>”esaurimento riserve idriche, risorse petrolifere e deforestazione selvaggia”,
>”mancanza di politica alimentare e aumento della popolazione non sfamabile”, 
>”estinzione di centomila specie animali e vegetali”,
>una serie di altre cosucce che brillano meno di quanto sopra ma feriscono allo stesso modo tipo: c’è ancora gente che circola in pelliccia di animali selvatici scuoiati vivi (è tutto su youtube, un esempio agghiacciante qui) o la distribuzione di ricchezza nel mondo ha un concetto di distribuzione che in termini ittici troverebbe un paragone nel mettere l’equivalente del pil cinese in tonni a beneficio di pochi nel laghetto Darengo (delizioso specchio d’acqua in alta Lombardia) lasciando due acciughine  in tutto il Pacifico a disposizione del resto della popolazione del pianeta.
Gli stessi occhi di ET, collegati a una mente sana, direbbero che dalla Conferenza di Rio (anno 1992,  qui trovate un po’ di storia, non scritta da Benni ma comica quasi uguale per impegni non mantenuti) a Doha, nei summit sul clima abbiamo macinato aria fritta senza produrre risultati come se, giocatoci tutto, avessimo pronto il pianeta di scorta su cui saltare e twittare briosamente “ok, ricominciamo, era tutto uno scherzo”.
Eccoci al dunque dell’augurio del 2013: superati i Maya, se Calcolino (il fantomatico asteroide lanciatoci dagli extraterrestri di Benni per inadempienza) non dovesse arrivare, speriamo almeno che si inizi da noi a fare un po’ di piazza pulita, magari anche solo spargendo la voce che un po’ di rigore non ci farebbe poi tanto male.
La Terra ringrazierebbe.