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Ecco perché il freddo fa bene

Dai social sembra che neve e freddo stiano imperversando come mai prima d’ora. Dalle stesse voci che quest’estate «uff che caldo», ora si ascolta «brr che freddo». Urlavano al lupo della steppa infuocata, ma ora sono certi che dal Brennero iniziano a scendere i mammut. La verità è che è normale che in inverno faccia freddo e, guarda un po’, in estate caldo. Non è colpa del global warming insomma, le cui conseguenze concrete e minacciose sono ben altre e di più larga scala.

Piuttosto, l’ambiente naturale ha bisogno del freddo e della neve per il suo ciclo di vita. E ci sono benefici affatto scontati anche per il nostro organismo. Non tutto il freddo viene per nuocere, insomma: le energie aumentano, le calorie si smaltiscono più facilmente, si alleviano certi fastidi circolatori, si ottimizzano i risultati dell’esercizio fisico e della tonificazione muscolare.

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Come la pausa invernale giova dunque alla vegetazione, un cambio nella routine dei mesi freddi è un toccasana per la salute del nostro fisico, ben più minacciato dall’aria stagnante cittadina che non dall’ondata di freddo stagionale. Non serve essere sportivi accaniti e neppure troppo allenati per incamminarsi su un sentiero e perdersi nella quiete cristallina di montagne sconosciute al caos vacanziero. Ci sono altipiani dove l’ossigeno del bosco incontaminato e il fresco della neve appena caduta sono una risorsa fruibile da sentieri pianeggianti.

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Magari, poi, tra una baita e l’altra si scopre anche il gusto delle pietanze. Hanno sposato perfettamente il binomio passeggiate/sapori gli ideatori di Alps Culinaria, una serie di weekend dedicati all’esplorazione facile e golosa delle Alpi. Quattro appuntamenti per altrettante località in Val Isarco. Tre coinvolgono gli altipiani di Barbiano, Velturno e Villandro con le Dolomiti a fare da sfondo. Uno si spinge sotto le Dolomiti di Funes a toccare le cattedrali di roccia.

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L’Italia ha l’enorme fortuna di un ambiente montuoso (alpino e appenninico) che lascia staccare la spina permettendo di incontrare paesaggi invidiabili e specialità della tradizione, roba che tedeschi, inglesi e francesi apprezzano inventandosi le occasioni più disparate – spesso fuori stagione – per venirci a trovare quando noi italiani pensiamo alla invariabilità dell’equazione vacanza invernale=sci.

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Diversamente, diventa normale che ci si abitui a sentirsi rispondere “tutto esaurito” quando si prenota un soggiorno. Pensiamoci: un impianto di risalita – che spesso si è mangiato pure un pezzo di bosco – può arrivare alla capacità massima di ricettività, dopo la quale non ce n’è più per nessuno, salvo la pena di lunghe code, con tutti che guardano tutti nell’attesa di attaccarsi al filo per salire. Praticamente è il trasferimento dello stress tra i picchi.

In mezzo agli alberi e sugli altopiani invece questo non succede, perché la coda più grossa in cui si potrebbe incappare è quella di una volpe e lo sguardo più intenso quello di un camoscio che spia da dietro un cespuglio. È un invito anche all’ascolto, del vento tra gli alberi o della neve che cade dai rami con quei tonfi attutiti che non hanno uguali. Magari lasciandosi consigliare dai padroni di casa, ben informati sull’accessibilità dei sentieri e sull’apertura delle strutture in quota.

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C’è poi un libro che educa all’ascolto di questa straordinaria biblioteca dei rumori. Il sole che nessuno vede di Tiziano Fratus nasce dalla semplice azione di sedersi spalancando le orecchie e il cuore, con la dedizione a cui ci ha abituati l’autore nei confronti di foreste e corsi d’acqua.

L’uomo medita – scrive Fratus – perché trova giovamento nel dimenticare quello che è per la società in cui è immerso. Smette di dare ascolto a quell’io che ha dentro per iniziare a ricostruire il mondo sentendosi parte dell’immensa materia che lo circonda e lo compone. È un cambio viscerale. Chi accetta di entrare in questa dimensione inizia a riconoscersi della stessa materia di un bosco libero nel cielo e non di una colonna fumante, sia essa di auto o sciatori incalliti.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

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La danza delle mucche felici

Prima che qualcuno inizi a scaldarsi con un “ecco il solito animalista rompiscatole” premetto che non sono vegetariano e, pur senza abusarne, mi piace mangiare carne.

Detto questo, circola in rete un filmato che dimostra che gli animali, perfino quelli destinati alla nutrizione umana, hanno diritto ad essere felici durante la loro vita e riescono a dimostrarlo. Basta guardare queste mucche. Erano destinate al macello dopo qualche anno di vita di stalla. Il fattore, spinto dalla richiesta del figlio, rinuncia alla scelta del macello per restituire la libertà in un prato. Il risultato: le mucche si sono messe a danzare dalla felicità. Le immagini sono davvero eloquenti. La scelta può essere applicata a polli, conigli, maiali. La carne è già un pesantissimo costo ecologico che richiede quantità di risorse esagerate rispetto ad altre tipologie di alimenti. Ci vuole un chilo di proteine vegetali per avere 60 grammi di proteine animali. Non solo: “per produrre una bistecca che fornisce 500 calorie”, spiegano gli autori di Assalto al pianeta (Bollati Boringhieri), “il manzo deve ricavare 5 mila calorie. Il che vuol dire mangiare una quantità d’erba che ne contenga 50 mila. Solo un centesimo di quest’energia arriva al nostro organismo: il 99% viene dissipata” La responsabilizzazione nel consumo passa dal non abusarne e, dopo filmati come questo, anche dall’accertarsi che l’animale abbia almeno avuto una esistenza felice.

Anche le vacche (quelle dei campi) ballano

Prima che qualcuno inizi a scaldarsi con un “ecco il solito animalista rompiscatole” premetto che non sono vegetariano e, pur senza abusarne, mi piace mangiare carne.
Precisato questo, circola in rete un filmato che dimostra che gli animali, perfino quelli destinati alla nutrizione umana, hanno diritto ad essere felici durante la loro vita e riescono a dimostrarlo. Date un occhiata a queste mucche.

Erano destinate al macello dopo qualche anno di vita di stalla. Il fattore, spinto dalla richiesta del figlio, rinuncia alla scelta del macello per restituire alla mandria la libertà in un prato. Il risultato: le mucche si sono messe a danzare dalla felicità. Le immagini sono davvero eloquenti.

La scelta può essere applicata a polli, conigli, maiali. La carne è già un pesantissimo costo ecologico che richiede quantità di risorse esagerate rispetto ad altre tipologie di alimenti. La responsabilizzazione nel consumo passa dal non abusarne e, dopo filmati come questo, anche dall’accertarsi che l’animale abbia almeno avuto una esistenza felice.

Carmelo ha 123 anni, ecco il suo segreto

Ha 123 anni e si chiama Carmelo Flores Laura. Ammesso che sia attendibile la sua data di nascita, l’uomo più anziano mai documentato gode ancora di una discreta salute. Il merito sarebbe della sua dieta a base di orzo, quinoa e acqua pura raccolta dalle montagne dove vive.

Il filmato racconta il suo stile di vita, semplice come può essere quello di un contadino delle Ande, ma uno spunto è evidente. Più di tutto, infatti, pare che abbia influito sul suo benessere l’attività quotidiana di camminare e uscire con gli animali. Che sia l’esempio da seguire?

3 minuti in pausa pranzo: da botolozzo obeso ad atleta, per natura

Della storia di Christian Schiestier se ne è parlato già negli ambienti dei runners, ma molto poco fuori dal mondo dello sport. Eppure la storia non manca di suscitare curiosità. Fumatore incallito, sovrappeso, pigro, ha iniziato a muoversi diventando un atleta di fama.

Potrebbe quasi essere la prova che chiunque può farcela, ma non è questa la parte del messaggio che interessa di più. Nel suo filmato, dove è testimonial di Asics, ci racconta che alla base del suo stimolo a reagire è stata la considerazione che sentiva che la sua vecchia vita era un “andare contro natura”.