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Il buon dormire parte dal momento prima del sonno

Dormire bene per essere produttivi non basta. Qualcosa può essere fatto prima di abbandonarsi alle braccia di Morfeo. Condivido quanto letto sull’ Huff Post.



Leggere per un’ora
È Bill Gates a consigliarvelo. Leggere tutti i giorni aiuta a ridurre lo stress e migliora la memoria. Uno studio dell’Università di Essex del 2008 ha provato che leggere anche solo 6 minuti al giorno riduce lo stress del 68%. Inoltre la lettura è un’ottima palestra per la mente e aiuta a rallentare l’invecchiamento.

Unplug
Arianna Huffington è la prima promotrice dell'”unplugging”: staccare dalla tecnologia, almeno a una certa ora della giornata. Lei stessa dice di lasciare il telefono in un’altra stanza, prima di coricarsi. 
Il parere di Charles Czeisler, professore di medicina del sonno ad Harvard, è che la luce dello schermo disturba il ritmo naturale del sonno e “illude” il corpo che sia giorno. Il risultato è che il cervello non produce alcune sostanze chimiche necessarie ad ottenere un sonno tranquillo.

Organizzare il giorno dopo
Il consiglio del CEO di American Express è di scrivere una lista delle tre cose da fare il giorno dopo, ogni sera prima di dormire. Così facendo, il percorso mattutino è già incanalato e i pensieri si organizzano più velocemente.

Sprigionare la creatività
Questo consiglio è di Vera Wang, che nel 2006 ha dichiarato che proprio la sera prima di dormire per lei viene il momento di “creare, se non materialmente almeno concettuale”. 
A maggior ragione se faticate a svegliarvi, la mattina, concentrare la vostra creatività nei momenti serali potrebbe essere una buona idea.

Meditare
L’efficacia della meditazione è spesso messa in discussione, ma uno studio del 2014condotto su un campione di 19000 casi ha dimostrato che meditare prima di andare a dormire è molto efficace nella cura di stress, ansia, depressione e dolore.

Farsi una passeggiata
Questo consiglio arriva dal CEO di Buffer, che ha l’abitudine di fare una passeggiata di qualche minuto ogni sera prima di dormire. 
Da uno studio americano risulta che camminare permette alla mente di lasciarsi andare ai pensieri, favorendo la creatività.

E se domani diventassi un bosco, Gibran che direbbe?

Vi piacciono le parole di Gibran e per voi un bosco non è un ammasso di alberi? Se pensate di aver già letto qualcosa di simile, non vi sbagliate. L’urna biodegradabile per le ceneri che, contenendo dei semi, può generare un albero ha riscosso un certo interesse. 

Ora, correndo il rischio di passare per necroforo, segnalo un progetto arrivato alla mia pagina facebook dopo la pubblicazione in questione: un lettore, che ringrazio, mi ha segnalato il progetto Capsula Mundi, il primo progetto italiano di sepoltura naturale.


Due designer italiani, Anna Citelli e Raoul Bretzel, qualche anno fa hanno ideato una capsula biodegradabile in plastica di amido che, opportunamente collocata nel terreno con all’interno il corpo del defunto, diventa una fonte di risorse per gli alberi in crescita. Non si sono limitati al contenitore, ma ne hanno anche immaginato la collocazione. Riunirne un po’ e farne delle riserve. Il progetto è chiaro: basta cimiteri in spigoli di marmo e ben vengano boschi della memoria. La filosofia alla base è quella per cui l’uomo non appartiene solamente alla razza umana, ma alla vita del pianeta nella sua complessità e per questo deve rimanere nel ciclo della trasformazione. Cito dal progetto.

Fin da quando l’uomo ha potuto esprimersi con la scrittura, l’albero simboleggia l’unione tra la terra e il cielo, tra il materiale e l’immateriale, tra il corpo e l’anima. Il mondo vegetale è l’elemento di contatto tra noi, organismi complessi e il mondo minerale, dal quale non possiamo trarre direttamente nutrimento. Per produrre una bara oggi si abbatte un albero ad alto fusto, spesso di essenze pregiate, quindi a lento accrescimento. E’ l’oggetto con il più breve ciclo di vita (è il caso di dirlo) prodotto dalla nostra società, ne consegue il più alto impatto ambientale (la crescita di un albero richiede dai 10 ai 40 anni, a fronte di tre giorni di fruibilità del prodotto!). Capsula Mundi è prodotta con materiale biodegradabile al 100% e realizzato da “plastica” di amido (l’amido si ricava da piante con ricrescita stagionale, quali patate e mais). Capsula Mundi risparmia la vita di un albero e anzi, propone di piantarne uno in più. Un albero accanto all’altro, di essenze diverse a creare un bosco, magari lì dove un bosco è scomparso. Un luogo in cui i bambini potranno andare ad imparare a riconoscere i diversi tipi di alberi (educazione ambientale) oppure in cui recarsi per una passeggiata e ricordarsi di persone che non ci sono più. Un bosco che godrà il rispetto della popolazione e sarà anzi protetto da possibili scempi, grazie al coinvolgimento emotivo di tutta la collettività.

Bellissima la parte del sito dedicata alla scelta del tipo di albero. Fateci un giro, scoprirete qualcosa che magari vi manca sugli alberi. Ad esempio, narra la leggenda che sulla tomba di Adamo, sul monte Tabor, nacque la pianta di ulivo il cui seme proveniva dal paradiso terrestre. Il mio fratello d’anima Alessio, racconta ogni tanto del suo bosco d’ulivi nella valle del Tevere. Da lì la vista spazia tra le colline umbre e l’appennino. Non mi dispiacerebbe immaginarmi lì, un giorno.

Citando Gibran e il suo “Gli alberi sono liriche che la terra scrive sul cielo” (da Sabbia e Spuma, 1926) o, se preferite, Diego Cugia con “Non terrorizzate i vostri bambini con la vita eterna. Ditegli che da morti si diventa alberi. I grandi alberghi degli uccelli.” (da Jack Folla. Alcatraz, 2000), questo è davvero un altro modo di vedere oltre la barriera della vita come la intendiamo. E non crediate che sia contro i principi della religione, perché aver dato le proprie ultime risorse corporee per generare una nuova vita non è contro nessuna legge, divina, umana o scientifica.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Carmelo ha 123 anni, ecco il suo segreto

Ha 123 anni e si chiama Carmelo Flores Laura. Ammesso che sia attendibile la sua data di nascita, l’uomo più anziano mai documentato gode ancora di una discreta salute. Il merito sarebbe della sua dieta a base di orzo, quinoa e acqua pura raccolta dalle montagne dove vive.

Il filmato racconta il suo stile di vita, semplice come può essere quello di un contadino delle Ande, ma uno spunto è evidente. Più di tutto, infatti, pare che abbia influito sul suo benessere l’attività quotidiana di camminare e uscire con gli animali. Che sia l’esempio da seguire?

La foto del momento in cui morirai

Piaccia o non piaccia, l’unico evento certo naturale della vita a cui nessuno può sfuggire è  la morte. Con le dovute scaramanzie auguro a tutti che giunga il più tardi possibile, intanto però hanno scoperto che in quel preciso istante le nostre cellule comunicheranno tra loro per l’ultima volta con un lampo azzurro. Nelle reazioni studiate su miscroscopici vermi, la morte tra le cellule si è propagata come una specie di passaggio di informazione fluorescente partito dall’intestino. La spiegazione scientifica del processo è quella di un meccanismo di autodistruzione che provoca a cascata la necrosi di tutte le cellule.

“Cercare di comprendere l’invecchiamento e la morte su alcuni vermi può aiutarci a comprendere i processi di invecchiamento cellulare dell’uomo- sostiene David Gems del University Collage di Londra – e può aiutarci a capire meglio certi meccanismi legati ai tumori”. La cosa non mi lascia indifferente, studiare la morte per capire e aiutare la vita è un tema che affascina.
Mi rimangono altre implicazioni. Ammetto di temere la morte, ma solo quella di coloro che mi sono cari, non la mia.

Quando ci sarà lei, in quell’istante non ci sarò più io. Semmai spero che il mio lampo azzurro sia il più veloce e indolore possibile e, nel caso, che il suo brillare dia il meno disturbo possibile a chi mi sta attorno.
Quest’articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

UFO, ET, avvistamenti… cambia il punto di vista

Tranquilli, nessuno qui sta per sostenere casi di avvistamenti improbabili o filmati che vogliono farci credere che ET è qui fuori ed è contento di venirci a trovare.

Da oggi è disponibile “Sirius”, un documentario prodotto con il crowdraising che cambia il punto di analisi alla domanda sull’esistenza degli UFO. Non si chiede se esistono o meno gli alieni sul nostro pianeta, ma se piuttosto è possibile disporre di tecnologia o energia sufficiente a percorrere le distanze che separano la Terra da altri corpi celesti dove potrebbe esserci vita. Girando la domanda: c’è un modo di fare a meno del petrolio o di combustibili a noi già noti per volare lontano?

La tesi è complottista quanto basta per rientrare nel filone che sostiene l’esistenza di strategie occulte tra massoneria ed economia per mantenere in piedi l’industria petrolifera, ma qualche spunto interessante per porsi delle domande c’è. Prendendo tutto con beneficio di inventario, lascio a chi legge la scelta sul cosa credere.