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Super navi da crociera ancora in laguna a Venezia.

Le super navi da crociera potranno avvicinare di nuovo  Venezia. Il Tar ha annullato il limite al passaggio dei supercondomini galleggianti nel canale della Giudecca. Gli schieramenti bipartisan, le foto di Berengo Gardin, gli sguardi attoniti dei turisti che vedevano scorrere palazzi di 15 piani sfiorando piazza San Marco non sono bastati.

I giudici hanno ritenuto che la mancanza di una via di transito alternativa e la mancanza di una comprovata informativa sui danni reali fossero motivi sufficienti al nuovo semaforo verde. Ora, capisco le ragionevolissime questioni legate al sostegno del turismo, ma credo sia opportuno domandare qualche spiegazione ai giudici del Tar.

Secondo voi è sensato accostare alle architetture veneziane questi carrozzoni da vacanza industriale? Sicuri che i croceristi destinati ad un ormeggio in un porto limitrofo non sarebbero comunque attratti dalla perla della laguna?

Dimenticandoci per un attimo dell’impatto visivo, avete presente che massa d’acqua spostano questi colossi nel loro movimento a poche decine di metri dalle già precarie fondamenta?

Il taglio del traffico stabilito dai precedenti decreti era pur minimo (12,5%), ma era un chiaro segnale. Perché ignorarlo? Sinceramente: piazzereste un supercondominio di fronte al Colosseo o uno stadio in ferro a fianco alla torre di Pisa?

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Cosa ricorderemo della Costa Concordia?

Ok, Schettino e la vergogna di parlare la sua stessa lingua. Poi?

Di fronte alle immagini del recupero non ho potuto che elogiare la professionalità della squadra, però confesso che tenevo tutte le dita incrociate. Nel mio post precedente ero cosciente della professionalità di chi era coinvolto (cito dal pezzo: “fanno cose straordinarie, dico davvero”), auspicavo la bontà del manufatto (“spot favoloso per la Fincantieri che l’ha costruita”) e dichiaravo il risultato che tutti speravamo (“Per il bene della natura isolana, spero che lo sfidante recuperatore vinca”). Ora il risultato del lavoro è lì da vedere. Ma non è finita qui.

Senza disfattismi o minimizzare, era e rimane comunque lecito porsi delle domande. È catastrofismo? No, realtà. Una necessità umana quella di puntare al meglio (cito uno dei miei critici, che ringrazio: “Operazione recupero effettuata”) rimanendo però pronti anche al peggio, perché alla Natura le stiamo combinando sempre più grosse e queste operazioni sono un esempio di come potremmo (dovremmo) arginare lo scempio che qui, per bravura (lo dico ora ora che la vedo facendo i complimenti al lavoro di squadra) e fortuna non si è manifestato.

Mi rimane un dubbio sul fatto del grattacielo che hanno raddrizzato al Giglio: lì parlano i dati. Ha davvero senso costruire queste città galleggianti quando la loro unica ragione di esistere è rispettare le economie di scala delle compagnie di crociera? Ho ben impresse le immagini di questi colossi galleggianti con gli scatti di Gianni Berengo Gardin. Non essendo un commissario tecnico, un esperto di marketing, o un allenatore di calcio (le categorie in cui molti italiani si riconoscono, ma io no perché farei solo casini) lascio la risposta al buon senso.

Prima o poi dovremo responsabilizzarci sul fatto che le operazioni davvero di successo sono quelle che il danno lo prevengono anziché ripararlo. E che, soprattutto, non tutto si può riparare e risarcire, perché non siamo (ancora) in grado di bere o mangiare i soldi.

Le navi mostro e la crociera del futuro

Le navi da crociera del futuro potrebbero essere grandi velieri multiscafo in grado di abbattere sensibilmente le sostanze inquinanti necessarie per muoverle  e climatizzarle.
Un rendering animato ne mette in evidenza le caratteristiche.

Al momento, però, la realtà è ben diversa. Le grandi compagnie, per quanto attente alle tematiche ambientali, sembrano continuare a preferire i disegni tradizionali, molto più simili a condomini galleggianti che spesso mettono in imbarazzo le città d’arte dove ormeggiano.

A Venezia, dove la polemica infuria, il fotografo Gianni Berengo Gardin dedica una collezione di immagini a cui non c’è nessuna parola da aggiungere.