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La casa del futuro passa dalle Canarie

Alle Canarie c’è un luogo dove ecologia, vacanza e ricerca si fondono in una realtà che non ha uguali al mondo. Non è un’affermazione da depliant pubblicitario. La storia: qualche anno fa il Cabildo Insular di Tenerife (il governo locale) decide di bandire un concorso per la casa ecologica ideale. Partecipano 400 studi e i 24 progetti finalisti sono effettivamente realizzati in una conca rocciosa nella porzione meridionale dell’isola. Se inizialmente si pensa di mettere le case a disposizione del personale del vicino Istituto Tecnologico di Energia Rinnovabile (ITER), col tempo alcune delle residenze vengono aperte al pubblico e la gente, principalmente dal nord Europa, inizia a scegliere questo villaggio per trascorrerci le vacanze.  

Casas iter di TenerifeNon è un ambiente che capita di vedere spesso, immaginate la prateria costiera come una conca di origine vulcanica, circondata da generatori eolici e affacciata sulla deliziosa spiaggetta di sabbia a ridosso della Riserva naturale della Montaña Pelada. Soprattutto immaginate di vedere, sparse qua e là nella vegetazione, 24 costruzioni completamente diverse tra loro a condividere l’ispirazione bioclimatica del loro progetto. A ognuno dei tecnici era stato richiesto infatti di adattare la casa al principio per cui terreno, agenti atmosferici, orientamento della costruzione, vegetazione e materiali concorressero al miglior comfort termico senza intervento di energia esterna. Al consumo di energia per luce ed elettrodomestici si è provveduto attingendo a due risorse di cui le Canarie abbondano, sole e vento. Casa iter di Tenerife

I progetti sono molto originali e per conformazione e distribuzione degli spazi è un po’ come essere in un museo a cielo aperto. Nella casa che mi ha ospitato, la Bernuolli, avevo a disposizione due piani circondati da un portico che mitigava la calura esterna, con i soffitti realizzati in modo da sfruttare i moti convettivi naturali per avere una temperatura ideale, che potevo monitorare e modificare dal televisore. Miren, che mi ha accompagnato a scoprire le altre case, mi ha spiegato che ogni edificio ha delle peculiarità.

A Tenerife esistono decine di microclimi diversi e nel villaggio ITER non c’è la “casa perfetta” in assoluto. Non è detto che l’edificio particolarmente efficiente qui al livello del mare lo sia anche 1000 metri più sopra. Noi abbiamo finanziato queste costruzioni per dimostrare che alle diverse condizioni climatiche si possono adattare altrettante soluzioni architettoniche perseguendo il risultato delle zero emissioni di CO2 per la climatizzazione degli edifici.


Tenuto conto che Tenerife è estesa come un quarto della Corsica e, con una variazione altimetrica di oltre 3700 metri, è praticamente un vulcano in mezzo al mare, ci hanno appena detto che i progetti delle case ITER sono applicabili a buona parte del pianeta. Le pendici del Teide, il cratere più alto dell’isola che è anche il punto più elevato di Spagna, riescono effettivamente a offrire una varietà di climi che spaziano dal deserto alle spiagge, passando per le foreste di conifere, le vigne, i cunicoli sotterranei scavati dai fiumi di lava. Tutte queste realtà sono visitabili concedendo al viaggiatore la sensazione di essere su un piccolo continente. Perfino l’escursione nel vulcano  riesce a dare suggestioni “marziane”, il test del Rover NASA che sta girando sul pianeta rosso è stato fatto proprio qui. Personalmente, ammetto che essere a Tenerife è un po’ come atterrare in un racconto di fantascienza. Non mi sento attratto alle grandi spiagge del sud, più affini ai ‘turistifici’ di massa, ma posso garantire a chiunque volesse approdare qui e starci una settimana che vivrebbe sette giorni ognuno diverso dagli altri. Per visitare tutta l’isola disponendo di pochi giorni, il mezzo ideale è l’auto, noleggiabile in molti dei centri abitati. Gli autobus di linea sarebbero più ecologici ma servirebbe più tempo. 

Se il villaggio ITER è una opportunità per aggiungere qualcosa di diverso alla vacanza, c’è anche un’altra sorpresa. Gli edifici sparsi nella brughiera dove lo sciabordio delle onde si mescola con il fruscio delle pale dei generatori eolici, hanno quotazioni molto interessanti. La Casa Estrella, una stella in pietra lavica con una grande cucina e 4 stanze protette dagli arbusti di rosmarino, ospita sei persone da 180 euro al giorno. Ci hanno sempre abituato che per il “bio” e “l’eco” dovevamo pagare un po’ di più, ma non  bastassero vulcani, foreste secolari e ottimi vini,  la Tenerife che ho vissuto riesce a stupire anche in questo.

Aggiungo 4 eco raccomandazioni per vivere una Tenerife che non tutti conoscono. Non perdetevi una camminata nel Parco nazionale del Teide, fatevi accompagnare ad ascoltare il silenzio nei canali sotterranei formati dalla lava alla Cueva del Viento, rendete omaggio all’albero monumentale El Drago, perdetevi in un trek urbano tra i vicoli cinquecenteschi dell’antica capitale La Laguna. Alla fine dell’esperienza potreste scoprire che in mezzo all’oceano si sta davvero bene.

Beviti l’acqua, non la bottiglia

Non guardatevi troppo attorno, Non c’è nessun pazzo in circolazione.  Tutti, ma proprio tutti rischiamo  di bere plastica senza accorgercene. 
A volte la gente mi guarda strano quando finita l’acqua o la coca non butto la bottiglietta ma la accartoccio e me la metto in valigia per mollarla al primo contenitore della differenziata. Se poi intuisco che è “differenziata, ma per finta”, me la porto fino a casa.



“E’ troppo preziosa per buttarla”, rispondo a chi è con me.
Se poi leggo dell’interesse nello sguardo di chi ho di fronte, parto all’affondo nello spiegare il perché del gesto cercando di non abusare della pazienza altrui.

Ho chiesto a Gianluca Bertazzoli, che lavora per COREPLA e di plastica se ne intende, di aiutarmi a sintetizzare in tre brevi punti la risposta al domandone
PERCHE’ NON BUTTARE LA BOTTIGLIA NELL’INDIFFERENZIATA?


Per conoscenza di tutti, ecco i 3 spunti spendibili con chiunque.
1> La plastica riciclata, interpretata come risorsa, è versatile rispetto a materiali più “tradizionali”. Dipende molto dagli utilizzi: certamente non tutto si può fare con la plastica riciclata, ma molte cose possono essere fatte assai bene spendendo meno. Pensiamo al campo del tessile e dell’arredamento con rivestimenti ed imbottiture. C’è poi  tutto un mondo di applicazioni specifiche della plastica riciclata come materiale specifico ed “inedito”, con particolare

riguardo all’arredo urbano, da giardino, alle dotazioni stradali.

2> Anche la rilavorazione e la rimessa in circolo è un processo che potremmo  definire “ecologico” in termini di emissioni e dispendio energetico. Solo alcuni numeri per spiegare le potenzialità ambientali dell’utilizzo della plastica riciclata: nel solo 2011 l’attività di COREPLA per l’avvio a riciclo e recupero di imballaggi in plastica ha evitato 798.000 tonnellate di emissioni equivalenti di CO2. Potremmo visualizzarla come una colonna di 6500 TIR che occupano la distanza tra Firenze e Milano. Se proiettata nel decennio 2002-2011, le tonnellate di CO2 evitate diventano 6,5 milioni, mentre sono 2,9  le tonnellate di imballaggi in plastica sottratti allo smaltimento in discarica e 2 milioni i Giga Joule di energia recuperati. Come dire che con l’energia risparmiata ci illumino una piccola regione per un bel po’.

3> Nell’ambito precedente, la raccolta differenziata di qualità diventa un  valore aggiunto per la comunità che la produce. Il primo valore aggiunto della raccolta differenziata è l’aumento di “capitale sociale”: si tratta, infatti, di un vero e proprio indicatore della qualità della convivenza civile oltre che della qualità dei servizi pubblici. La filiera che deriva dalla raccolta differenziata degli imballaggi in plastica è poi un elemento importante della “green economy”, sviluppando nuove imprese nel settore della valorizzazione e del riciclo e necessitando di ricerca ed innovazione per il miglior utilizzo dei  nuovi materiali che ne derivano.



Soprattutto un elemento va ben tenuto presente di fronte all’ecoscettismo: non é vero che la plastica, alla lunga, si dissolve. Lo spiega molto bene Alan Weisman ne “Il mondo senza di noi” quando intitola un capitolo centrale “I polimeri sono per sempre”. Vi invito a procurarvelo se volete scoprire come dagli anni ’50, con la massiccia diffusione delle plastiche, flaconi e recipienti sono diventati frammenti e poi sminuzzati fino a ridursi a microparticelle in sospensione nelle correnti marine. Il segnale di allarme é evidente: se nel centro del Pacifico galleggia un’isola di rifiuti di plastica ampia quanto il Texas, se delfini e albatros muoiono tra gli stenti per aver ingoiato sacchetti e tappi, i prossimi potremmo essere noi quando non ci accorgeremo della presenza in falda di queste microparticelle e finiremo quindi per berci non solo acqua ma i bicchieri e le bottiglie che l’hanno contenuta anni fa. 
Se avete avuto la pazienza di leggermi fino a qui, sono sicuro che la prossima volta che finirete l’acqua porterete anche voi la bottiglietta fino a casa e magari farete perfino notare a qualcuno che, anche chi non ricicla, prima o poi deve bere.
Questo articolo è stato pubblicato anche sull’HuffingtonPost.