Anna Frank, 70 anni fa

Anna Frank iniziò a morire il 4 agosto di settant’anni fa. Da quel giorno, non scrisse mai più sul suo amato diario. Perché, il 4 agosto di un lontano 1944 Anna Frank fu arrestata. Aveva da poco compiuto quattordici anni e da due viveva con la sua famiglia e altri quattro ebrei in quello che lei chiamava l’Alloggio segreto.
Il nascondiglio si trovava dietro una libreria all’interno della sezione non utilizzata della ditta di suo padre, Otto Frank, in Prinsengracht 263 ad Amsterdam.
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Anna scriveva così sul suo diario:
“L’Alloggio segreto è un nascondiglio ideale! Anche se è umido e storto non esiste in tutta Amsterdam, né probabilmente in tutta l’Olanda, un nascondiglio più comodo di questo”.
La comodità di quel nascondiglio umido non bastò per salvarle la vita.
Anna tenne un diario fin dal suo tredicesimo compleanno e fu proprio quel quaderno a diventare, in quegli anni di vita clandestina, il suo più fidato amico e interlocutore. In quel rifugio storto, crebbe e tentò di passare da bambina giovane donna, ma quel processo fu interrotto, spezzato con violenza il 4 agosto di settant’anni fa.
Era una calda giornata e il profumo dell’estate era riuscito a penetrare anche dietro quella libreria, quando al quartiere generale della polizia tedesca arrivò una soffiata sul nascondiglio dei clandestini. Era il tradimento. Anna fu tradita a soli quattordici anni.
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Julius Dettman, l’ufficiale della SD che rispose al telefono, ordinò al sottufficiale delle SS Karl Silberbauer di recarsi in Prinsengracht. Alcuni poliziotti olandesi lo accompagnarono per aiutarlo.
Anna fu arrestata insieme agli altri clandestini, mentre il sole splendeva alto nel cielo. Iniziava così a morire.
Fu deportata ad Auschwitz, in una stessa baracca con la madre e la sorella. Più tardi, Anna e Margot vennero trasferite a Bergen-Belsen. Lì, nel marzo del 1945, morì. Aveva solo quindici anni.
Non rivide mai più il suo diario, né scrisse né sfoglio un libro per il resto dei suoi brevi giorni.
Questo articolo è tratto dall’Huffington Post.

Aids, a Milano non si sta tranquilli

Tra i tanti messaggi di speranza legati alla cura dell’AIDS mi ha colpito la notizia diffusa dal Centro Operativo AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità in merito a Milano. Nel territorio della ASL del capoluogo lombardo si rilevano il 56% delle nuove infezioni nazionali, con 10 casi registrati alla settimana. Questo significa che proprio nella grande città, dove il livello di informazione e sensibilizzazione dovrebbe essere più alto, il rischio è sottovalutato. E non è finita qui, purtroppo, come spiega Gianmarino Vidoni, direttore del servizio Malattie a trasmissione sessuale dell’Asl Milano:

I dati che abbiamo sono da considerare sottostimati almeno del 30%  perché prendono in considerazione solo chi si è sottoposto a test. Le persone che credono di non correre alcun rischio e non fanno il test, anche se malate, non figurano nelle nostre statistiche.

Provocatorio, ma non troppo, lo spot realizzato proprio dal dipartimento di Prevenzione Medica dell’Asl meneghina e che si spera di diffondere grazie ai social. Dalle Parole di Coco Chanel, il regista Luca Mariani (lavora tra Milano e Barcellona, sua, tra le altre cose, la clip di Mondo di Cesare Cremonini) parte con un messaggio chiaro. Ora più che mail il profilattico è l’unico accessorio non accessorio

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.