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Il perché di un libro LGBT, “Il ring degli angeli – sedici racconti e una fiaba”

L’uso che si fa di un libro, può essere sbagliato?

Lo confesso: a me il modo in cui manifestano le sentinelle in piedi piace. Nell’epoca delle urla televisive e degli imbonitori della rete, schierarsi in silenzio e manifestare la propria idea con un libro in mano è molto più provocatorio. E mi disturba, non avete idea quanto, che lo facciano loro. Però c’è una contromisura che attacca la (in)coerenza delle sentinelle. Chi legge un libro, di solito, dovrebbe avere le idee più aperte, ma nel caso di questi lampioni della fede da piazza questo mi sembra non valga. Così provo a lanciare una provocazione garbata. Manifesti con un libro? Eccotene uno! Con la copertina bella colorata, magari.

Ho voluto tentare un’operazione insolita: raccogliere un gruppo di amici che condividono la mia idea sulle sentinelle e credono nel potere della parola, rispolverare alcuni racconti scritti in passato, pubblicarli (anche) con il sostegno del gruppo, riportare tutti i nomi dei sostenitori in una pagina e diffondere.

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Dicono che in Italia sia difficile pubblicare dei racconti. È anche un dato di fatto che da noi sia inusuale pubblicare storie gay. Per qualcuno potrebbe essere la cronaca di un fallimento annunciato, ma ogni tanto qualche sfida bisogna accettarla: ho riunito 16 racconti e una fiaba. Alcune storie hanno qualche anno, qualcuna è più recente, la fiaba risale al Natale 2014 ed è stata scritta con due bambini di 10 e 7 anni che non hanno distinto il termine amore in base al sesso. Sono storie che hanno girato l’Italia per i contenuti, hanno girato l’Italia anche in concorsi e rassegne, hanno girato perfino fisicamente, nel taccuino, quando arrivando in un luogo iniziavo ad annotare quello che respiravo intorno a me. C’è il passato, il presente e perfino il futuro. C’è un po’ di western e un po’ di Medioevo. C’è la montagna e c’è la città. Ci sono racconti basati su fatti veri e storie inventate, ma ambientate in contesti reali. Per campare scrivo documentari e faccio il giornalista, quindi chiedo scusa in anticipo se, facendo prevalere il reale o il verosimile, ho mancato nella fantasia in cui gli scrittori di professione se la cavano meglio. Abbiate pazienza, essendo un’operazione senza fini di lucro, sarebbe indelicato chiedere il rimborso al libraio.

Spero ci sia, in chiunque condivida lo spirito di questi racconti, la soddisfazione della scoperta e della curiosità. Spero ci sia anche la forza di accettare la scommessa. L’omofobia si può combattere, anche così. Magari un racconto riesce ad assestare un colpo più forte di un’azione fisica e alla fine cambiare il pensiero di una persona. Magari, e me lo auguro con tutta la forza che ho in corpo, una delle storie avrà anche la capacità di infondere coraggio in chi, nella comunità LGBT, si sente attaccato o emarginato. Nessuno va lasciato solo in una battaglia. E purtroppo le affermazioni e i gesti di certi politici in cerca di sostegno da trogloditi elettorali, di opinionisti da bancarella e di persone dalla mente contorta ci dicono che siamo in una battaglia. Da una parte loro e le sentinelle. Dall’altra parte un mondo che crede nel rispetto e nella tolleranza per chi ha gusti non uniformati alla maggioranza, ma rispetta gli altri, contribuisce alla società e paga pure le tasse, anche se non vede tutti i suoi diritti riconosciuti. La fortuna dei primi è il silenzio dei secondi. Dobbiamo reagire. Ognuno usi i mezzi di cui dispone. Il sottoscritto e altre cento persone lo hanno fatto con Il ring degli angeli. Chiunque ci creda, può unirsi a noi facendosi una foto col libro o con la stampa della copertina. Sentinelle, state pure in piedi, perché qui non c’è posto per l’intolleranza.

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Cade la terra e canta l’Azzurro per lo scacco alla camorra

Ogni tanto capita di imbattersi in luoghi abbandonati, così densi di suggestione e talmente ricchi di fascino che spesso è difficile non rimanerne incantati. Proprio in quanto abbandonato, il luogo in questione – paese, palazzo, parco, metteteci quello che volete purché ci sia quella patina da relitto – non ha il potere di attrarre nessun interesse economico. Solo emozioni. Rettifico, non dovrebbe avere, perché invece non è così e vorrei innescare il contraddittorio di questa nostra Italia che a volte procede a tre velocità, di cui una, ahimè, è una retromarcia.

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Partiamo da questa. Della camorra abbiamo sentito un po’ di tutto. Cinquanta sfumature di male non basterebbero a raccontare quanto questa piaga danneggia l’ambiente, oltre alla società. Vorrei portare all’attenzione di chi ancora non la conoscesse la vicenda della Reggia del Carditello, perché è un caso esemplare di luogo lasciato abbandonato dove l’abbandono è fine a se stesso e agli interessi locali. Di chi? Citofonare camorra. Brevemente: i Borbone costruiscono un idillio architettonico definita una piccola Versailles, la storia lo fa abbandonare, la camorra se ne impossessa, un ministro e una giornalista che prendono posizione contro la malavita e pro recupero sono minacciati in prima persona in pure stile da film: “Piantatela di parlare di Carditello o siete morti”. Non posso non sottoscrivere le parole di Gian Antonio Stella:

C’è una sola risposta che il governo può dare alle minacce contro Massimo Bray e Nadia Verdile, la cronista che da anni denuncia il degrado della reggia borbonica nella Terra dei Fuochi. Deve raddoppiare gli sforzi e gli investimenti e la presenza di agenti e carabinieri: la battaglia di Carditello va vinta. E la camorra deve uscirne umiliata. Ne va dell’onore dello Stato.

Aggiungo di mio che gente così va colpita con ogni strumento che la legge mette a disposizione, a partire da quella che queste bestie non sopportano: il diritto.

Ci sono poi altri strumenti, da marcia avanti veloce. Ne vorrei citare uno letterario e uno musicale. Chi meglio può aver trattato il tema dell’abbandono se non un’abbandonologa? La qualifica arriva da un bimbo che, domandando all’autrice Carmen Pellegrino di cosa si occupasse, si è sentito rispondere dalla stessa che lei si dedica alla (ri)scoperta dei luoghi abbandonati. L’abbandonologa ha adesso pubblicato un libro. Cade la Terra è la sua opera prima ed è davvero un bell’esordio.

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Potete trovare in rete qualche anticipazione, ma solo perdendovi in Alento, paese in abbandono, potrete respirare quella patina così forte che fa tanto Italia dell’entroterra. Il book trailer è davvero toccante. Per quanto mi riguarda un piccolo film da mandare ai concorsi.  Qualcuno dice che c’è molto sud nelle parole dell’autrice campana, ma non sono d’accordo. Per esperienza, potrei dirvi che ho trovato molta provincia dispersa, dalle valli alpine al tavoliere pugliese, passando per una dorsale appenninica che trova degli appunti lirici che la Pellegrino coglie e amplifica benissimo. A partire dalla scelta della protagonista Estella, una ex suora. La storia è narrata a più voci. Sono fantasmi o persone reali? A voi scoprirlo. Di concreto ci sono i magnifici piani fotografici sul paesaggio. C’è il taglio dei particolari.

Mi voltai e subito, solitario, mi apparve l’olmo le cui foglie, benché si fosse in inverno, erano tutte intatte. Sembrava un monumento, simile tanto a una grossa statua di cui però non aveva l’immobilità. Mi parve infatti che fosse diverso dalla sua fama, che non avesse nulla di letargico, nulla degli alberi che per anni non si muovono, o lo fanno poco, a dirla grande. L’olmo, conclusi, era del tipo fracassone, lievemente avvinazzato, con le radici che sembravano sfuggire dal suolo con una ramificazione randagia che andava dove ce ne era bisogno, caduta la terra, cadute le stelle…. Questo grande albero dal sonno insonne, questo generoso fracassone dall’odore povero credeva nella gioia di darsi, come fa il frutto che cade, felice com’è di farlo, perché solo ciò che non si dà muore

E poi ci sono gli scorci delle vedute d’insieme.

Dovrò dirglielo che la prossima casa a crollare sarà la sua, che ci resterà sotto se non viene via. Ma sarà inutile perché lascerà quel fosso tanto abilmente guarnito di nebbie, con tutte le erbe e le paludi. Da qui, il paese morto sembra oscillare nella sua massa convessa, come una nave nel mezzo della tempesta, e dalla poppa non si vede la prua. Il fogliame che fino a ieri pendeva lasco dagli alberi oggi ha piombato la strada. I pipistrelli riappaiono veloci, corrono di qua e di là e si suicidano contro le rovine. Succede sempre così quando viene novembre: da un momento all’altro sopraggiunge la notte e non si vede più niente. In quel buio so che c’è lei e ci sono loro

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Carmen fa un’ottima regia sul paesaggio, proponendoci i fotogrammi di una storia densa di poesia che probabilmente ambienterete in luoghi che il vostro cuore ha ben presente.

C’è anche chi si sta occupando di luoghi abbandonati a tempo di musica. Il Libero Coro Bonamici di Pisa è uno dei cori vocal pop più premiati della Penisola. La film maker Francesca Carrera, con la direttrice Ilaria Bellucci, i suoi coristi e qualche volontario, hanno scelto luoghi dimenticati in Toscana – tra tutti: il Teatro Rossi a Pisa e il borgo fantasma di Toiano nel comune di Palaia – per ambientare il loro prossimo video. Hanno scelto Azzurro di Celentano e si sono lanciati in un crowdfunding per finanziarsi e riuscire così a raccontare questi posti (anche) con la melodia. Ve la sentite di fare una piccola scommessa? Mettiamola così: pochi euro per portare alla ribalta luoghi fuori dal comune e toglierli dal dimenticatoio a suon di musica.

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Notizie, storie, melodie. Cose che nessun camorrista capirà mai.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Mattarella e La Cava, le pagine di un presidente

Mattarella è un presidente che, a mio parere, è partito col piede giusto. Di lui stiamo leggendo un po’ di tutto e forse iniziamo ad averne le orecchie piene. Vorrei, però, concentrarmi solo per un attimo su un suo gesto perché, se il buongiorno si vede dal mattino, penso che da questa figura possiamo aspettarci molto. Un capo di Stato che comincia dalle Fosse Ardeatine non è solo un uomo che rende omaggio a un eccidio. E’ il segnale che proprio partendo dalla nostra storia bisogna guardare avanti. Non sono le Fosse in quanto tali, mai abbastanza ricordate, ma il gesto del visitarle come primo atto. Sostituiamo pure storia con cultura, tradizioni, eventi che ci hanno segnato, mettete quello che volete ma posso quasi sapere solo il minimo indispensabile di Mattarella per mettere il primo like. Il suo si chiama “rispetto”.

Mi viene in mente una frase di Marguerite Yourcenar:

Fondare biblioteche è un po’ come costruire ancora granai pubblici: ammassare riserve contro l’inverno dello spirito.

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Per quanto mi riguarda, l’essersi infilato in quella cavità maledetta fa di Mattarella uno che le pagine scritte, piacciano o non piacciano, le legge, le rispetta, le porta con sé. Vedo le Fosse Ardeatine come una biblioteca con 335 storie urlate e spezzate. Con la visita delle scorse ore, sono state raccolte, spolverate e ordinate su uno scaffale e ritornate ad essere davvero un monito contro l’inverno dello spirito.

Trovo un certo parallelismo con un altro uomo, affatto famoso, forse meno titolato, forse senza calcolo politico – non so se Mattarella ne abbia ma qui non mi interessa – forse che non ha subito quello che la vita ha già riservato al neo presidente. Sicuramente è uno che non conoscerà né i riflettori della cronaca, né i saloni pomposi di Roma. Si chiama Antonio La Cava e ha perfino una fan page di facebook che lo acclama presidente della Repubblica. Antonio è un maestro elementare che, dopo 42 anni di servizio, anziché godersi la pensione in santa pace, ha preso un apecar e lo ha trasformato in biblioteca ambulante. Avete letto bene. Gira con il suo biblioautocarro tra i paesini della Lucania a trasmettere la passione per i libri e le storie. 500 chilometri al mese sono davvero tanti e sono quelli che macina tra le piazze annunciandosi al suono di un organetto.

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Ecco, forse, la chiave di tutto. Passione. Grazie Sergio, Grazie Antonio, vecchie pagine e vecchie piazze vi aspettano per essere rinfrescate dal vostro rispetto. Son pronto a scommettere che non ci deluderete.

Post scriptum. Mentre sto per chiudere il pezzo, apprendo che oggi (domenica) il Presidente, quello che sta a Roma, ha scelto di spostarsi a piedi nel centro per rispettare il blocco del traffico come tutti gli altri cittadini. L’esempio scende dall’alto e io gli appioppo subito un altro like.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Quitaly: Quit the Doner racconta l’Italia come non l’avete mai vista

Non so voi, ma le vacanze di Natale sono quelle che più mi ispirano le letture che pennellano visioni dell’Italia. Saranno i video appelli di fine anno o le domande tipo “chissà se l’anno prossimo xyz?” (sostituire xyz con la variabile che preferite), ma la voglia di fermarsi a riflettere non mi è mai mancata nelle serate davanti al camino con le luci dell’albero accese.

Ho incontrato due quadretti che potrebbe valer la pena di condividere per come è presentato il Bel Paese. In una scala di colori i due autori sono il bianco e il nero. Uno, recentemente scomparso, che è stato un grande storico e un riconosciutissimo traduttore dei classici. L’altro mai apparso pubblicamente – pochissimi addirittura conoscono il suo vero nome – che ammette di essersi spacciato agente della questura per scoparsi ragazze extracomunitarie in cerca del visto. Eppure i due rivelano un paio di denominatori comuni potenti: entrambi i loro lavori sono esilaranti e scrivono sapendo il fatto loro, dando una lettura lucidissima del sistema Italia con angolazioni alternative.

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Ezio Savino ci racconta di un programma politico attualissimo e twittato, ma non cercate il nome di Renzi tra le righe. Lo storico ci fornisce un quadro di come già Augusto si facesse promotore di temi come spending review, riorganizzazione delle provincie, lavoro, riforme costituzionali. Il tutto comunicato al Senato con metodi particolarmente efficaci. A chi ritiene la storia una materia inutile, Savino lascia un testamento spirituale che andrebbe quantomeno letto a scuola, tanto per capire che gli eventi si ripetono e qualche avvenimento futuro potremmo predirlo perfino senza essere il mago Otelma.

Quit the Doner raccoglie in 200 agilissime pagine dal titolo Quitaly una serie di gag sull’Italia che purtroppo non sono gag, ma la realtà. Nessuno sa che faccia abbia, ma il blogger, reporter, conoscitore delle italiche sfaccettature come pochi altri riesce a fornire una serie di quadretti che possono farvi sciogliere dalle risate o farvi piangere mentre fate le valigie per lasciare la penisola, a vostra scelta.

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Quitaly è ben spiegato sul sito di Vice, di cui Quit the Doner è una delle firme, e in pochi mesi ha meritato due edizioni. Dai raduni degli alpini che inneggiano a “Papa Francesco, uno di noi” tra i fumi dell’alcol e le palpate alle ragazze, ai beach party salentini dove si spiega che i social sono una religione, solo predicata per altri mezzi. Dai complottisti delle scie chimiche che hanno capito chi è il responsabile occulto dietro tutto (tutto!) al declino del botox e della sua miglior macchina promozionale, con sede in decadenza ad Arcore. Ci troverete le manie dei selfiesti che postano autoritratti come chicchi in una grandinata d’estate, gli incatenati della Herbalife, la presa di coscienza che da noi si vendono più tatuaggi che libri. Si trova perfino una citazione del nostro Huffington Post e un consiglio per una mangiata memorabile sull’Appenino emilano. Se vi servissero due referenze in più sull’autore: è tra gli scomunicati ufficiali di Grillo e il disegnatore Gipi gli ha disegnato apposta una splendida copertina. Non perdetevi questo libro, è pieno di chicche memorabili che tra venti anni potrebbero essere storia.

RIcapitolando, cercate risposte sul futuro dell’Italia, dal paesaggio a qualche consiglio di ordinaria sopravvivenza? Queste letture vi aspettano.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Mai provato ad abbracciare un albero?

Alberi, boschi e giardini sono un tesoro per l’Italia. In passato si è scritto molto a proposito, ma L’Italia è un bosco di Tiziano Fratus va oltre il classico saggio perché è un po’ guida, un po’ racconto e un po’ manuale per presentare il lato verde del Bel Paese.

La sequoia del castello Gamba in Val d’Aosta (37 metri di altezza x 7.65 di altezza)


Dai passi alpini alle isole, alberi monumentali, parchi, giardini botanici e orti urbani sono uno spunto per scoprire che da noi la situazione del verde è un elemento rassicurante e proprio per questo deve responsabilizzarci perché non retroceda. Così si ribadisce che il bosco vergine abbandonato dall’uomo potrebbe non essere la soluzione migliore perché troppo sensibile a incendi o dissesti. Al contrario il bosco curato è stato e può continuare ad essere un elemento di vita. Inorridiranno i duri e puri dell’ambiente ma è così: “se l’uomo smette di salire in montagna (nei boschi) la montagna scende a valle (con le frane)” è un detto popolare delle valli lombarde. L’autore apre però la sua via, antichissima eppur attuale, agli alberi.

Oggi che i boschi hanno smesso di vestirci, di nutrirci, di proteggerci, sono diventati palestre dell’anima, è qui che possiamo venire ad alleggerirci, a sgrassare via il nero, l’ossessione, la furia. Provare davvero a vigilare sui nostri pensieri come un pescatore vigila sui pesci di cui si nutrirà.
In Italia s’aggirano silenziosi veri e propri cercatori d’alberi: guardano, annuiscono, misurano, documentano, fotografano, tracciano, pensano, catalogano. Sognano e realizzano nuovi strumenti per amare il paese, tracciano percorsi botanici che illuminano il paesaggio: avvicinano il passato al futuro.


Gli itinerari sono documentati con una precisione da guida escursionistica, rivelando la passione dell’autore per l’argomento. Se posso esprimere una critica – l’unica, bonaria – va precisato che si capisce subito quali sono le zone che Fratus conosce meglio e delle quali è appassionato. Qualche dimenticanza si lascia perdonare, anche perché a voler elencare tutto non sarebbe bastata una wikipedia arborea. L’autore, avvalendosi di citazioni attinte da letteratura e storia, incanta al punto da trasportare nelle oasi verdi fatte di tronchi e foglie, che in Italia, informa la sezione statistica, ammontano a circa un terzo del territorio totale. La dovizia tecnica non sconfina mai nella noia e qualche excursus di storia e filosofia arborea è una nota raffinata.

Questo libro è un invito a fermarsi e a perdersi tra i tanti boschi e parchi d’Italia, a lasciarsi andare di fronte al vento forte (…) Il bosco è un universo di significati, di citazioni, d’immagini, di sensazioni e di ricordi. È una delle parole più presenti nell’esistenza di tanti. Ma di quale bosco si parla?


Quelli nei quali ho letto il libro per scriverne sono nella vallata di La Thuile (Ao) e nel parco Puez Odle (Bz). Ma il verde non è solo nelle Alpi. Fratus non dimentica gli orti urbani (come a Torino, Milano e Genova), i giardini monumentali (da manuale quello di Villa Hanbury a Ventimiglia o all’Abbazia di Fiastra nelle Marche) o il racconto degli alberi coltivati che sono diventati compagni dell’uomo come gli ulivi e i carrubi, sculture viventi che punteggiano le campagne del nostro sud. 

La scelta di quale albero abbracciare è lasciata al lettore con l’invito di tenere queste buone pagine sul comodino o nello zaino. Come Fratus insegna, è davvero un piacere scoprire che c’è sempre un bosco o un orto che ci aspetta dietro l’angolo. Spesso per confortarci, ma qualche volta, precisa l’autore, anche per chiedere la nostra protezione.

Perché l’Italia sia un paese forestale è spiegato in un documentario dell’Ispra.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.



Gli italiani del Titanic→

gli-italiani-del-titanicTitanic: il più famoso disastro navale della storia si ripropone in tutta la sua drammaticità in occasione del centenario dellaffondamento. Velocità, bellezza, lusso, dimensioni, inaffondabilità tutto colato a picco in poco più di due ore per i segnali di allerta ignorati. Si pensa sia già stato scritto tutto o quasi sul transatlantico dei record, ma molto resta ancora da scoprire e da raccontare. Dallo stesso team autoriale che ha ispirato il documentario Gli italiani del Titanic di History Channel, in un instant book le storie dei nostri connazionali che si trovavano a bordo la fatidica notte del 14 Aprile 1912. Le vicende personali, le famiglie e le ambizioni dei passeggeri in seconda e terza classe in cerca del sogno americano, il maitre del Ristorante à la Carte con i suoi impeccabili camerieri imbarcati grazie a uno stratagemma, fino al personaggio che potrebbe aver ispirato James Cameron nel colossal cinematografico.

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