Trenitalia ricicla bene, ma serve acqua lucana a Milano

Amo il treno e lo uso appena posso per i miei spostamenti, pendolari e non. Inquino meno, a bordo vivo una vita normale, mi sposto da centro città a centro città senza colpo ferire e spesso con la mia bici al seguito.

Poi leggo sul sito delle ferrovie italiane che una delle società del gruppo si aggiudica un riconoscimento importante in campo di riciclo. La cosa mi fa piacere, lo confesso, però mi sorge qualche dubbio appena caccio il naso nei cesti del riciclo sui binari e vedo un disastro, dovuto beninteso non alle ferrovie ma alla diseducazione dei passeggeri che non prestano attenzione al cosa va buttato dove, nonostante le scritte in evidenza e i colori.

Una ecotirata d’orecchie, però, il gruppo capitanato da Moretti la merita. Vista la frequenza degli spostamenti, sono spesso ospite dei FrecciaClub e gradisco l’omaggio della bottiglietta d’acqua e dello snack. Passi la merendina pugliese (davvero buona, lo ammetto), ma l’acqua che trovo nel banco frigo di Milano è davvero necessario farla arrivare dalla Basilicata?

E’ solo morto di stenti

Questa  foto è la prova tangibile che i cambiamenti climatici uccidono, colpendo prima i più indifesi. A detta dei ricercatori quest’orso non era né vecchio né malato. E’ “solo” morto di stenti perché il suo cibo aveva cambiato strada a seguito del mutamento di temperatura nell’artico.

Personalmente sottoscrivo la campagna, perché possiamo fare qualcosa, a partire dal limitare il nostro impatto sull’ambiente. L’errore più grande è credere che non basterà mai solo il nostro piccolo gesto, perché anche il più lungo dei cammini inizia dal primo passo. Butta una lattina nell’alluminio, non comprare un nuovo jeans se non se hai davvero bisogno, usa una volta in più la bici o il treno. Se hai letto fino a qui, so che insieme ce la possiamo fare.

La nuova Montagna, i vecchi cosa direbbero?

Andermatt é una graziosa localitá del Canton Uri. Tra gli angoli della Svizzera è quello che meglio di altri rappresenta un crocevia tra le Alpi e l’Europa.


Andermatt é anche un luogo emblematico per quello che si prospetta. Un ampio piano di sviluppo urbanisticoprevede di cambiare radicalmente l’assetto del piccolo centro abitato adagiato ai piedi di quattro passi montani.
Il dilemma é quello che si pone tra il mantenere tutto allo stato attuale o agevolare lo sviluppo con costruzioni destinate a variare il colpo d’occhio per chi scende dai valichi. Detto in altri termini, è la scelta tra il “tutti fuori, qui non si tocca nulla” oppure “apriamoci allo sviluppo controllato e facciamo vivere la montagna con risorse nuove”.
Grandi pensatori si dividono sulle argomentazioni. Reinhold Messner mi ha confidato la sua idea in un pomeriggio piovoso nella sua casa a Juval. “Bisogna abbandonare l’idea della montagna da cartolina di Heidi, bisogna trovare le risorse per vivere e farla vivere, però senza mettere piede dove l’uomo non lo ha mai messo prima. Certe zone vanno rispettate con l’isolamento”.

Portare dunque le risorse per uno sviluppo ragionato, é compatibile con una filosofia di rispetto dell’ambiente alpino? Il “ragionato” é la chiave di tutto. Chi deve essere allora l’autore del ragionamento? Non deve essere il palazzinaro. Non deve essere nemmeno l’incompetente che mira solo al breve periodo. L’unica soluzione potrebbe individuarsi in quella, sentita la popolazione locale, di mettere insieme un gruppo composto dai valligiani con i loro interessi e guidato da chi può aiutare con suggerimenti in tema ambientale e di gestione paesaggistica. Una grossa mano la offre il tener sempre ben in mente le tradizioni degli anziani. Un tempo si costruiva una baita solo in luoghi dove giá ce n’era una. Era una forma di rispetto del paesaggio ma anche una presa di coscienza: dove l’esperienza dei vecchi era passata, quello era il percorso da seguire. Valeva per le baite, per i pascoli, per i sentieri, per i commerci. Vale, o dovrebbe valere, anche per i nuovi insediamenti. I vecchi, con quel buon senso pratico e l’innato istinto di sopravvivenza, cosa direbbero dell’Andermatt di domani? Se costruire qui significa creare le condizioni per mantenere i giovani in paese e attirare persone in modo sostenibile, probabilmente la risposta dei vecchi la conosciamo già.

Rinfresca la casa senza condizionatore

Le città sono isole di calore con picchi che possono raggiungere i dieci gradi differenza rispetto all’ambiente circostante.

C’è qualche rimedio naturale che potrebbe attenuare la sensazione di caldo opprimente che rende tutto appiccicoso e impedisce di prendere sonno. Ma se il caldo davvero insopportabile dura al massimo una settimana, vale davvero la pena di investire in costosi condizionatori assetati di energia che non sempre giovano alla salute? La risposta potrebbe essere no.

Esistono rimedi naturali salutari e non troppo complicati come:
>investire in un ventilatore da far girare al minimo puntato sul luogo da raffrescare, ottimi sono quelli a soffitto
>posizionare una vaschetta di ghiaccio di fronte alle pale, l’effetto rinfrescante aumenterà di parecchio creando un condizionatore naturale
>oscurare e proteggere dalle correnti d’aria i locali tra le 10 e le 20, sembrerà una sciocchezza ma si attiva uno scambio termico virtuoso nell’abbattere la temperatura
>spalancare gli armadi, il cui contenuto ha il potere di assorbire calore
>limitare l’uso di tutti gli elettrodomestici: un ferro da stiro in funzione per 3 ore, dove cede il calore in eccesso se non nell’aria?
> dove si riesce, circondate la casa di verde schermandola da asfalto, pietre e cemento, gli alberi sono l’ideale ma delle piante da terrazzo abbastanza fitte sono già un buon aiuto.
Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Non guardare un delfino morire

Ieri sera camminavo in spiaggia quando noto dei palloncini gonfiati da bambini e lasciati sulla sabbia. La brezza ne aveva anche allontanati un paio che puntavano al largo. Li ho recuperati e riconsegnati ai bambini spiegando che, una volta esplosi, un delfino avrebbe potuto scambiarli per meduse ed ingoiarli giocandoci.

Ho aggiunto che ero sicuro che nessuno di loro avrebbe voluto veder morire un delfino e quando son tornato dalla camminata non c’era più un sacchetto in circolazione. 
Non solo, il  tratto di spiaggia dove si erano fermati alla sera per mangiare con la banda dei genitori era perfettamente pulito. E’ grazie alla viralità di questi messaggi che credo in un futuro migliore. 
Se capitasse di vedere un sacchetto in spiaggia, meglio sapere che un gesto così semplice come raccoglierlo, significherebbe una vita. Lo so: fa schifo toccare un pezzo di plastica moscio, ma forse fa più schifo immaginare la morte di un essere come un delfino…

La lezione di Lizzie

Lizzie Velasquez fu definita da un idiota in vena di scherzi la più brutta donna del mondo. Nel postare un triste video su Youtube, lo stupido non immaginava che avrebbe dato un impulso straordinario a questa ragazza affetta da una patologia della quale si conoscono solo tre casi al mondo.
Morale: Lizzie oggi tiene corsi di motivazione e i suoi seminari sono seguitissimi.
Grazie Lizzie, bella lezione!