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Albero di Natale: il primo regalo fatelo alla Natura

Il prossimo fine settimana sarà probabilmente quello in cui vi dedicherete all’albero di Natale. Il rito si rinnova ma la natura non sempre ringrazia. Per evitare la strage di pini e abeti abbandonati a fianco dei cassonetti dopo il 6 gennaio, un agricoltore francese ha ideato l’albero in affitto.

Tre quarti dei cinque milioni di pini venduti in Francia per le festività sono destinati alla pattumiera e quindi non possono essere riutilizzati neppure per fare compost per il terreno. Per questo noi affittiamo gli alberi in vaso, in modo da rimetterli sul mercato per quattro o cinque anni e poi piantarli a terra per il rimboschimento del territorio.

Il progetto pare funzioni e l’idea andrebbe clonata. Vero è che ognuno di noi potrebbe, dismesso l’albero, riportarlo al vivaista che sarà probabilmente contento di riprenderlo per ripiantarlo o farne del compost. Non monetizzeremo la restituzione ma rimarrà la soddisfazione dell’albero che non marcirà solitario in una pattumiera.

In alternativa, penso vada valorizzata l’dea di inventarsi un albero di Natale riciclando materiali originali. Vi invito a non pensare al concetto di rifiuto quanto a quello di valorizzazione. Tra l’altro si risparmia pure. Si possono richiamare le forme del simbolo natalizio in moltissimi modi sfruttando materiali in modo anticonvenzionale. Daranno un’impronta originale alla festività e dopo 11 mesi torneranno pure utili se deciderete di bissare. Ci si può cimentare con le scatole delle uova, i fondi delle bottiglie di plastica, legnetti trovati in spiaggia, vecchie scatole , guide telefoniche, cuscini, libri, lucine a led, tappi di sughero. Sbizzaritevi, siamo quelli che hanno fatto il Rinascimento!

Troppo? Non credo. Forse è anzi un modo per dimostrare e dimostrarci che siamo ancora un popolo di creativi e che la fantasia ha un valore aggiunto che può diventare magico come solo certe notti di Natale sanno essere. Auguri!

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

 

La casa del futuro passa dalle Canarie

Alle Canarie c’è un luogo dove ecologia, vacanza e ricerca si fondono in una realtà che non ha uguali al mondo. Non è un’affermazione da depliant pubblicitario. La storia: qualche anno fa il Cabildo Insular di Tenerife (il governo locale) decide di bandire un concorso per la casa ecologica ideale. Partecipano 400 studi e i 24 progetti finalisti sono effettivamente realizzati in una conca rocciosa nella porzione meridionale dell’isola. Se inizialmente si pensa di mettere le case a disposizione del personale del vicino Istituto Tecnologico di Energia Rinnovabile (ITER), col tempo alcune delle residenze vengono aperte al pubblico e la gente, principalmente dal nord Europa, inizia a scegliere questo villaggio per trascorrerci le vacanze.  

Casas iter di TenerifeNon è un ambiente che capita di vedere spesso, immaginate la prateria costiera come una conca di origine vulcanica, circondata da generatori eolici e affacciata sulla deliziosa spiaggetta di sabbia a ridosso della Riserva naturale della Montaña Pelada. Soprattutto immaginate di vedere, sparse qua e là nella vegetazione, 24 costruzioni completamente diverse tra loro a condividere l’ispirazione bioclimatica del loro progetto. A ognuno dei tecnici era stato richiesto infatti di adattare la casa al principio per cui terreno, agenti atmosferici, orientamento della costruzione, vegetazione e materiali concorressero al miglior comfort termico senza intervento di energia esterna. Al consumo di energia per luce ed elettrodomestici si è provveduto attingendo a due risorse di cui le Canarie abbondano, sole e vento. Casa iter di Tenerife

I progetti sono molto originali e per conformazione e distribuzione degli spazi è un po’ come essere in un museo a cielo aperto. Nella casa che mi ha ospitato, la Bernuolli, avevo a disposizione due piani circondati da un portico che mitigava la calura esterna, con i soffitti realizzati in modo da sfruttare i moti convettivi naturali per avere una temperatura ideale, che potevo monitorare e modificare dal televisore. Miren, che mi ha accompagnato a scoprire le altre case, mi ha spiegato che ogni edificio ha delle peculiarità.

A Tenerife esistono decine di microclimi diversi e nel villaggio ITER non c’è la “casa perfetta” in assoluto. Non è detto che l’edificio particolarmente efficiente qui al livello del mare lo sia anche 1000 metri più sopra. Noi abbiamo finanziato queste costruzioni per dimostrare che alle diverse condizioni climatiche si possono adattare altrettante soluzioni architettoniche perseguendo il risultato delle zero emissioni di CO2 per la climatizzazione degli edifici.


Tenuto conto che Tenerife è estesa come un quarto della Corsica e, con una variazione altimetrica di oltre 3700 metri, è praticamente un vulcano in mezzo al mare, ci hanno appena detto che i progetti delle case ITER sono applicabili a buona parte del pianeta. Le pendici del Teide, il cratere più alto dell’isola che è anche il punto più elevato di Spagna, riescono effettivamente a offrire una varietà di climi che spaziano dal deserto alle spiagge, passando per le foreste di conifere, le vigne, i cunicoli sotterranei scavati dai fiumi di lava. Tutte queste realtà sono visitabili concedendo al viaggiatore la sensazione di essere su un piccolo continente. Perfino l’escursione nel vulcano  riesce a dare suggestioni “marziane”, il test del Rover NASA che sta girando sul pianeta rosso è stato fatto proprio qui. Personalmente, ammetto che essere a Tenerife è un po’ come atterrare in un racconto di fantascienza. Non mi sento attratto alle grandi spiagge del sud, più affini ai ‘turistifici’ di massa, ma posso garantire a chiunque volesse approdare qui e starci una settimana che vivrebbe sette giorni ognuno diverso dagli altri. Per visitare tutta l’isola disponendo di pochi giorni, il mezzo ideale è l’auto, noleggiabile in molti dei centri abitati. Gli autobus di linea sarebbero più ecologici ma servirebbe più tempo. 

Se il villaggio ITER è una opportunità per aggiungere qualcosa di diverso alla vacanza, c’è anche un’altra sorpresa. Gli edifici sparsi nella brughiera dove lo sciabordio delle onde si mescola con il fruscio delle pale dei generatori eolici, hanno quotazioni molto interessanti. La Casa Estrella, una stella in pietra lavica con una grande cucina e 4 stanze protette dagli arbusti di rosmarino, ospita sei persone da 180 euro al giorno. Ci hanno sempre abituato che per il “bio” e “l’eco” dovevamo pagare un po’ di più, ma non  bastassero vulcani, foreste secolari e ottimi vini,  la Tenerife che ho vissuto riesce a stupire anche in questo.

Aggiungo 4 eco raccomandazioni per vivere una Tenerife che non tutti conoscono. Non perdetevi una camminata nel Parco nazionale del Teide, fatevi accompagnare ad ascoltare il silenzio nei canali sotterranei formati dalla lava alla Cueva del Viento, rendete omaggio all’albero monumentale El Drago, perdetevi in un trek urbano tra i vicoli cinquecenteschi dell’antica capitale La Laguna. Alla fine dell’esperienza potreste scoprire che in mezzo all’oceano si sta davvero bene.

L’autostrada fermata dal popolo dei nani

Esperimento: proviamo ad elencare i motivi possibili per cui un’autostrada potrebbe essere bloccata. Nella mente di noi italiani, purtroppo avvezzi alle cronache, inizierebbero a fioccare elementi come turbative nell’appalto, aumento costi, blocco di qualche gruppo no-autostrade, arresto di qualcuno ai vertici della società, revisione del progetto, disturbo della veduta del palazzotto del locale Don Rodrigo. Nella mente degli islandesi no. Un’autostrada potrebbe non essere costruita o realizzata su un percorso alternativo causa “gnomi”.



Questa è la parte colorita della vicenda che, iniziata sei mesi fa, ha portato un gruppo di esperti a esprimere opinione contraria e riconoscere la zona toccata dal progetto come sensibile agli equilibri del “popolo nascosto”. In realtà il concetto islandese di “popolo nascosto” è assimilabile a quello di luogo incontaminato e quindi non compatibile col passaggio di una via a scorrimento veloce. È curioso però che, lassù, nessuno non sia preso per pazzo quando nella relazione cita elementi mitologici. Vi immaginate la scena da noi?

Vedete, non è questione di credere agli gnomi o no, ma il fatto che qualcuno non ha timore a comprendere la cultura e le tradizioni nei parametri di valutazione di impatto ambientale ed economico. L’isola del nord Atlantico, scenario perfetto di saghe elfiche della Terra di Mezzo, è estesa come un terzo dell’Italia ma con appena gli abitanti del Molise (anime: 300.000). È dunque un paradiso per chi ama i grandi spazi ed è difficile immaginare code alla raccordo anulare con livelli di polveri sottili ai massimi accettabili. Eppure la commissione ha bocciato il progetto perche non compatibile con la culra locale. Meraviglia. Elfi, nani e fate che non devono confrontarsi con telepass o viacard.

Credete nel popolo fatato o anche solo vi piacciono i miti? Gli islandesi fanno per voi e la loro isola non è da meno

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Ponza, l’isola fragile che se pulisci ti ospita

Ponza è una virgola di terra nel Tirreno meridionale. È un gioiellino fragile e, come tutti gli oggetti preziosi, va trattato con cura, perché il 97% delle sue coste soffre l’erosione naturale che vento, mare e pioggia riservano a molti dei nostri litorali quando non sono coperti da cemento e strade. Qui di strada ce n’è una sola e il cemento è solo quello delle casette tradizionali. Fortuna? Preferisco pensare che i Ponzesi siano stati accorti nel non farsi contaminare e i palazzinari erano impegnati altrove.

Un’ora e mezza di aliscafo portano in un piccolo mondo che incanta, come racconta il giornalista Piero Vigorelli che di Ponza si è innamorato anni fa e non se ne è più separato. Non sei ancora sceso e il paese già ti abbraccia con le linee vanvitelliane del porto borbonico. 

La strada serpeggia nella geografia stretta che collega le due baie principali all’estremità dell’isola sfiorando le case dal tetto piatto e dai colori sgargianti. All’orizzonte galleggia la vicina Palmarola, con le sue case-grotta abitate da millenni. Come le piccole costruzioni che punteggiano i crinali, molte di loro sono stanze in affitto, pensate per chi preferisce un’ospitalità rustica. In alternativa ci sono sempre le quattro stelle del Chiaia di Luna a picco sulla omonima spiaggia o del Santa Domitilla con le sue suggestive grotte romane per un percorso benessere con l’acqua di mare. Atmosfere ancora diverse nella classe dei B&B di Anna Fendi o, per i nostalgici, della pensione che oggi si chiama Silvia, ma che qui tutti additano come la casa che ospitò Mussolini. Mentre i mastini di Hitler fiutavano rabbiosi la penisola in cerca del luogo dove l’esercito custodiva il dittatore appena destituito, a Ponza si viveva il paradosso del capo dei fascisti piantonato dove lui stesso aveva spedito i suoi oppositori. Perché parlo dell’ospitalità di Ponza? Perché potrebbe essere gratis. Avete letto bene.

Ne abbiamo già parlato, ma alla vigilia dell’estate la notizia è ancora più ghiotta e si arricchisce di un motivo ecologico ulteriore per visitare l’isola: con i rifiuti e i materiali recuperati dalle spiagge si organizzerà lo Stracquo

È l’arte che viene dal mare, dove le opere in mostra sono realizzate da artisti nazionali ed esposte nel luogo dove dormivano i confinati. Per chi non c’è mai stato, ma anche per chi ama il mare, l’occasione di Ponza è quella di un luogo dove è difficile uscirne senza aver lasciato un pezzo di cuore. Vi fornisco quattro motivi per vederla almeno una volta nella vita. Circumnavigare l’isola e raggiungere l’isola di Palmarola è come sentirsi gabbiani. Arrivati a destinazione la cala Brigantina e le rocce torreggianti della scogliera Cattedrale ti lasciano senza fiato per la loro immensità. La spiaggia di Chiaia di Luna è tra le più belle del mondo, parola di Jacques Cousteau e Folco Quilici. La Ponza sotterranea della galleria romana di Chiaia e delle  cisterne ti accompagna nei silenzi lontani che immagini accarezzati dai fruscii di tuniche e piedi scalzi. Le onde di lucciole che la sera fluttuano tra i crinali ti immergono in una fiaba, ma ti tocchi e nel profumo delle ginestre scopri che è tutto vero. Aggiungici sentieri a picco, canoe, bici e ottimo cibo, e potresti scoprire il tuo Eden a due ore da Roma. 


Aspetti da migliorare? La mobilità sostenibile per contenere al massimo le auto private, approfittare di quelle nicchie di legge che senza violare vincoli ambientali permettono di incrementare le energie alternative come solare termico e fotovoltaico, sfruttare la capacità di accumulo di acqua del sottosuolo e integrare con un dissalatore per evitare il trasporto con la nave. Tutti argomenti che la nuova amministrazione condivide e che lascia aspettare grandi cose, come la precisione svizzera dei cassonetti della differenziata ben presenti già anticipa. Ci conto, il Mediterraneo avrà un cuore verdeblu e, sono sicuro, parecchi estimatori in Europa pronti a viverlo per dodici mesi l’anno.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Pronto a bere l’acqua del cesso?

La carenza di acqua potabile che oggi affligge alcune aree delle terra e domani potrebbe toccarci da vicino, obbliga studiosi e tecnici a ipotizzare scelte drastiche. Come bersi l’acqua del cesso. Avete letto bene, un sistema di filtri e membrane la renderebbero pura, probabilmente ancora meno contaminata di quanto fosse prima dell’immissione nelle condotte che alimentano i nostri water. E’ una scelta che, ammettiamolo, oggi ci fa schifo. Esattamente perché si tratta di una opzione disgustosa, dovrebbe ancora di più obbligarci a riflettere quando sprechiamo anche una sola goccia d’acqua.  



Qualche buona regola per risparmiare la risorsa preziosa che assieme all’aria ci permette di vivere: 
Applicate un riduttore di flusso ai rubinetti di casa: l’acqua si miscela con l’aria, risparmiando fino al 30 per cento di acqua.
Scegliete la doccia invece del bagno: in media, riempire la vasca comporta un consumo d’acqua quattro volte superiore rispetto alla doccia. Sapete che esiste una doccia che si spegne da sola?
Fate scorrere l’acqua dal rubinetto solo per il minimo indispensabile
Alla prossima sostituzione, prevedete l’acquisto elettrodomestici di classe A e A+, sono progettati per ridurre il consumo di acqua. Il prezzo d’acquisto maggiore ma si ripaga in termini di risparmio energetico.
Effettuate i lavaggi in lavatrice e lavastoviglie solo a pieno carico e pulite periodicamente il filtro

> Lavate piatti, frutta e verdura in una bacinella e usate l’acqua corrente solo per il risciacquo
Riutilizzate l’acqua adoperata per lavare le verdure per innaffiare il giardino e quando scolate l’acqua bollente della pasta, conservatela nel lavandino con un goccio di detersivo: è già pronta per pulire i piatti a fine pasto
Innaffiate le piante di sera: dopo il tramonto l’acqua evapora più lentamente
In bagno, scegliete uno sciacquone con lo scarico differenziato e doppio pulsante: per evacuare la pipì basta poca acqua
Fate un controllo periodico chiudendo tutti i rubinetti: se il contatore dell’acqua gira lo stesso c’è una perdita
Quando lavate l’auto, usate il secchio e la spugna: si risparmia molto rispetto al getto della canna
Raccogliete l’acqua piovana e quella dei climatizzatori e sfruttatela per gli usi non potabili, ad esempio per lavare l’auto e innaffiare il giardino
Provvedete a una corretta manutenzione: un rubinetto che perde una goccia al secondo disperde in un anno circa 5.000 litri.



http://www.huffingtonpost.it/2014/05/01/riciclo-acqua-bagno-california_n_5248412.html?utm_hp_ref=italy

Fuorisalone: a Milano c’è anche l’eco

Milano è tirata  lucido per il Salone del Mobile e soprattutto per il Fuorisalone. Fioccano gli appuntamenti e le occasioni per immergersi nel design.  Tra luccichii e ricerca, come dodici mesi fa, propongo la facciata Eco della settimana, per scoprire che la sostenibilità e l’ambiente riescono a non fare a cazzotti con le tendenze contemporanee e l’hi-tech.

Al Super Studio di via Tortona si trova RI_USO. Nato nei laboratori della Alcar Italia secondo un nuovo concetto di industrial design eco-sostenibile, si presenta “RI_USO nomade” per il Temporary Museum for New Design. Un’ installazione contemporanea dalle linee essenziali e dal design morbido e leggero che avvolge ed illumina lo spazio. I tappeti e le tende simbolo del nomadismo, del suo carattere itinerante ed in continuo cambiamento, modificano il senso stesso del luogo in cui operano dando vita ad una trasformazione imperdibile utilizzando un linguaggio visivo in continuo movimento che coinvolge lo spettatore inducendolo alla riflessione. Sempre al SuperStudio non mancate le poltrone fatte in lamiere di automobile e gli oggetti reinventati con i rifiuti in plastica.


Lì vicino c’è il NHow hotel con l’evento di eco design più noto del Fuori Salone: IO RICICLO TU RICICLI. Quest’anno, per la prima volta, l’evento sarà ospitato in contemporanea anche presso Palazzo Isimbardi, sede della Provincia di Milano, in corso Monforte 35. L’evento ha anche una ghiotta pagina facebook.  


Se siete malati di pedale, come chi scrive, andate nel BreraDesignDistrict. Dalle prime draisine ai bicicli dell’800. Dalle bici dei lavori alle biciclette di Coppi, Bartali, Mercx, Binda e Baldini. Dalle scatto fisso alle bici da corsa più belle ed eleganti. È la mostra Biciclette Ritrovate: quasi una storia della bicicletta. Dalle 12 alle 24 negli storici cortili di Rossignoli Milano in c.so Garibaldi. 

Già che siete in zona, vi venisse fame, fate un passaggio all’ex Falegnameria Cavalleroni di via Palermo 11, Brera. Con il riuso della lana che porta al concetto di RESIGN (riciclo + design) minimal, tailored made e originale, si creano tavoli, poltrone, sgabelli, vasi ed altri oggetti. Ogni giorno ci sarà un piatto diverso, frutto di una ricerca culinaria che utilizza materie prime di alta qualità ma anche con un’attenzione particolare all’ambiente, che tutti i visitatori potranno degustare in qualsiasi momento. 

Avete pargoli al seguito o semplicemente vi va di immergervi nelle avventure di cartone? Eco and You racconta arredamento di design in cartone ondulato destinato principalmente all’infanzia. Il bambino diventa protagonista nelle collezioni che reinterpretano, con forme nuove, oggetti e arredi comuni, i modi di vivere. Studiati a misura di bambino, i prodotti lo accompagnano nel suo percorso di crescita e attraverso il gioco contribuiscono a migliorare il suo approccio sensoriale e creativo. 

Sempre rimanendo in tema di infanzia, questa volta primissima, la fotografa Michela Magnani collabora con eco-arredo di Conlegno ed espone i suoi scatti più famosi all’interno dell’esposizione “800×1200 eco-design” al Fuorisalone 2014. La mostra è incentrata sui neonati, foto delicate che profumano di carillon e borotalco, e che ci mostrano i volti dei bambini appena nati, le loro espressioni buffe, i sorrisi, i sospiri e i sonnellini profondi e buffi. Le soluzioni di eco-arredo di Conlegno sono molto interessanti e offrono prospettive diverse dei materiali di recupero come i pallet. La zona è quella di via Tortona. 

Se avete il pollice verde il vostro posto è in “Verde libera tutti”, l’iniziativa organizzata per il secondo anno dall’associazione Promogiardinaggio, che punta a sensibilizzare le persone di tutta Italia alla scoperta delle tante aree urbane non curate e addirittura spesso lasciate nel degrado, e ancor più a passare all’azione, cioè a compiere ognuno un gesto, dal più piccolo e simbolico al più significativo, volto a favorire la natura.  

Re-Week è tra gli appuntamenti più originali. Si terrà in un centro sociale autogestito che si trova in zona centro. Un luogo che una volta ospitava una grande scuola. Il nome Re-Week è stato pensato per sottolineare l’aspetto rivoluzionario dell’evento, ma anche perché il tema principale dell’evento è il riciclo, il riuso, ma anche l’handmade, l’artigianato. Non cercate qui le grandi firme, perché sono perlopiù ragazzi e genialoidi con la passione dell’invenzione. Un’occasione per tutti i giovani designer che non hanno le possibilità di mettersi in mostra al Fuori Salone 2014 di poter proporre i loro prodotti, in maniera gratuita e con una visibilità davvero molto importante.

Alimentazione e sostenibilità non potevano sposarsi sotto l’insegna di EuroCucina.  Grohe e LifeGate invitano allo showcooking “eco-rivoluzione in cucina” della food blogger Lisa Casali, in cui si impara a cucinare, ma anche assaggiare, piatti gustosi e sostenibili.  

Un consiglio, anzi una preghiera. in  questi giorni, dimenticate auto e moto. Piuttosto pensate alla bici. Sapete che il noleggio comunale di BikeMi offre formule “assaggio” giornaliere e settimanali? Con appena 2,5 euro o 6 euro  ti divori la città in lungo e in largo. Con un certo senso pratico, potete anche vederla in questo modo: fatevi la mappa del vostro Fuorisalone e lanciatevi a collegare i puntino coi pedali. Potreste scoprire che l’unico propulsore per non perdervi davvero nulla e intensificare le visite sono le vostre gambe. Sarà come vedere due o tre Fuorisaloni. 

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huff Post.

Il rimedio è nel male

In quale direzione sta andando l’ecologismo? Esprimono opinioni gli scienziati, i politici, i militanti, li ascoltano gente come chi scrive, che compie ogni giorno piccoli gesti senza clamore come preferire la bici all’auto e buttare il preziosissimo alluminio solo nei cassonetti dedicati.

Recentemente si è aggiunto in libreria il pensiero del filosofo. Guanda ha appena pubblicatoIl fanatismo dell’apocalisse di Pascal Bruckner. Il pensiero del “polemista” francese (la definizione arriva dal risvolto di copertina) si riassume in una frase dell’epilogo:l’ambientalismo catastrofista è una catastrofe per l’ambiente. La sua posizione sintetizzata in poche righe stralciate dalle pagine:

Se nel prossimo secolo si dovrà sviluppare una generosa tutela dell’ambiente, sarà in funzione dell’uomo e della natura nella loro interazione reciproca, non come avvocato ventriloquo di un’entità chiamata terra. Gli amici della terra sono stati troppo a lungo nemici dell’umanità: è ora che l’ambientalismo dell’ammirazione prenda il posto dell’ambientalismo dell’accusa. Potremmo essere all’alba di un rinnovamento senza precedenti dell’architettura, dell’industria, dell’agricoltura. Ogni nuova invenzione deve fare colpo sul desiderio umano, generare stupore, sorpresa, condurre popoli in un viaggio inedito. È una porta stretta (Luca 13, 24) ma è la porta della salvezza. Se nel prossimo secolo si dovrà sviluppare una generosa tutela dell’ambiente, sarà in funzione dell’uomo, della natura, nella loro interazione reciproca e non come avvocato ventriloquo di un’entità chiamata terra.

La citazione forte che ricorderò è il rimedio è nel male.

Il rimedio è nel male in questa civiltà industriale tanto biasimata, in questa scienza che spaventa, in questa crisi che non finisce mai, in questa globalizzazione. Solo un aumento delle ricerche, un’esplosione di creatività, un salto tecnologico inedito potranno salvarci. Dobbiamo solo sforzarci di allontanare le frontiere dell’impossibile, incoraggiando iniziative più folli, le idee più sorprendente.

Questo ricorda molto il “be foolish” di Steve Jobs. Siate un po’ pazzi e rischiate pure per risolvere i problemi. Non è tanto chiaro dalla lettura se il “think green” debba essere prima o dopo il “be foolish”, né è chiaro se servirà e chi sarà un controllore di questi illuminati, ma il messaggio è evidente oltre che affascinante: secondo Bruckner dovremmo trasformare la scarsità di risorse in abbondanza di invenzioni. Potremmo solo così essere all’alba di un rinnovamento senza precedenti, dove troveranno spazio pionieri e esploratori. L’autore analizza una serie di opinioni che spaziano su tutti i fronti dell’ecologia, ma condanna implacabilmente le posizioni ortodosse di Evo Morales e dell’ultimatum di Al Gore, personaggi che non esita a definire guastafeste travestiti da indovini. Probabilmente, vista la citazione di Luca, accetterebbe più volentieri i principi dell’enciclica sull’ecologia di Giovanni Paolo II, in cui il pontefice che amava la natura avverte l’uomo, preso dal desiderio di avere e di godere, più che di essere e di crescere, che consuma in maniera eccessiva e disordinata le risorse della terra e la sua stessa vita. L’attenzione che torna sull’uomo, dunque.
Il presupposto dell’autore è fondamentalmente quello di condanna al catastrofismo generalizzato, un catastrofismo che comunque riconosce insito nella cultura umana, c’era già nel “1000 non più di 1000” di 11 secoli fa e lo abbiamo attualizzato nella quasi-bufala del millennium bug che alla fine del 1999 immaginava in tilt il pianeta.
Ho letto con curiosità e interesse i quadri tra i capitoli. Il primo è dedicato all’auto e si intitola “Fine della libido?”. Pone la questione su come siamo riusciti a togliere importanza ai veicoli, ma non per l’ingombro delle sontuose cabrio e per la sete dei luccicanti suv, ma solo perché nella scala di importanza le quattro ruote sono passate in secondo piano rispetto a telefonini, palmari e tutti quei gioielli della tecnologia di cui ora ci piace dare sfoggio.
Ricapitolando: testo ricco, opinioni forti e abbondanza di citazioni che possono dare comunque al lettore una visione laica sulla scelta della parte su cui schierarsi. Una sola nota: trovo abbastanza difficile da digerire il prezzo, nell’era del libero scambio delle informazioni, 22€ forse sono davvero un po’  troppe per approfondire una pur rispettabile opinione sull’ecologismo.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

La barca-serra dell’ecovelista

Cosa succede quando un’anima ecologista decide di andare per mare tra le isole deserte del golfo del Bengala?

Alla domanda ha risposto Coretine de Chatelperron, un trentenne ingegnere che si è costruito una barca con tela di juta e resina, ha installato a bordo una piccola serra, un dissalatore, un bidone-fornello e una voliera per due galline. L’esperimento è riuscito e ora il nostro ecomarinaio sta pensando a una barca che regga il viaggio fino in Europa. Buona navigazione.

Il gasdotto sotto la bandiera blu

Melendugno, un angolo di Salento dove il mare ricama tra le scogliere strisce di sabbia dall’acqua cristallina, il depuratore non scarica in mare i reflui ma utilizza la fitodepurazione in zone umide interne in cui fanno tappa gli stormi migratori, la pineta lambisce il paese sul quale sventola la bandiera blu facendone una perla del turismo pugliese. Bello vero?

Ora resettate. Melendugno, terminale costiero di arrivo del gasdotto intercontinentale TAP (Trans Adriatic Pipeline), di cui sono iniziati proprio ieri i sondaggi. Bel cambio di prospettiva, non trovate?

La società incaricata dichiara che tutto il processo ha seguito l’iter burocratico previsto. E ha ragione. Ma siamo sicuri che valga la pena sconvolgere per qualche anno il tratto di costa, costruire la struttura (anche se, garantiscono dalla società, avrà un basso impatto) e fare di un pezzo di Salento un terminale per risorse energetiche non rinnovabili provenienti dal Mar Caspio e dirette poi verso l’Austria (l’hub di distribuzione del gas è oltralpe) ?

La maggioranza dei sindaci si schiera a fianco al comitato NO-TAP e ha commissionato un’indagine a personale tecnico competente in materia. Ho potuto intervistare uno dei componenti della commissione.

«Ci sono diverse ragioni che dovrebbero scoraggiare l’approdo del gasdotto qui – sostiene l’ingegner Alessandro Manuelli – Dal punto di vista morfologico, la scarpata marina che fronteggia la costa obbliga l’aumento della pressione del gas nella condotta il cui diametro sarà di un  metro. La zona è ricca di Poseidonia alla base della catena alimentare marina. L’area è ad elevato rischio sismico. Non bastasse: non è stato stilato nessun piano dei rischi né un albero delle conseguenze in caso di incidente.»

Rincara la dose il comitato NO-TAP, nel quale affermano che, stando ai piani pubblici visionati, sarà sbancata un’area di pineta e parecchie centinaia di olivi secolari per nascondere sotto terra il danno ambientale di una condotta. Come dire: per non farmi un danno alla mano, me la taglio. Il problema è la sfumatura decisionale che passa dal NO secco locale all’approvazione romana dell’opera, definita “strategica”. In molti, nel Salento, si domandano peraltro come mai i sondaggi di compatibilità si effettuino solo ora, a progetto presentato. Le perplessità ci sono anche sul piano socio-economico.

«Non possiamo venderci oggi il futuro dei nostri figli – dichiara la giornalista Carmen Mancarella – qui c’è gente che vive di turismo e in molti hanno scelto di non emigrare per investire nella nostra terra, farne un mestiere per portare qui gente e condividerne la fortuna di un ambiente con tutti i numeri per fare turismo di qualità. Non voglio andare a fare la cameriera in Australia dopo che mi sono battuta per promuovere la mia regione sperando di costruire un futuro per Salvatore, Carlo e Giuseppe, i miei figli».

Signori politici di Roma e signori Tap, in un’epoca dove si punta sulle fonti energetiche rinnovabili, non posso non condividere questa posizione.

Siamo sinceri: andreste mai al mare in un posto sul cui depliant ci fosse scritto “mare blu, scogliere suggestive, campagne con ulivi secolari e un nuovissimo gasdotto intercontinentale”? Piuttosto, senza estremismi: poco più a nord verso Brindisi c’è una centrale a carbon fossile. Non si potrebbe variare di qualche grado l’inclinazione del gasdotto nel punto in cui si immerge in Albania e farlo spuntare là dove si potrebbe sostituire il carbone col gas e trasportare poi energia anziché combustibile? E poi, in ogni caso, mi piacerebbe dare un’occhiata all’analisi costi benefici, per capire anche quanto costa il tutto e quali saranno i vantaggi reali.

Se mi domando chi a Roma ha analizzato l’opera, temo di conoscere la risposta. Signori,  una preghiera, prima di ogni futura decisione, fatevi un giro in Salento. Sono certo che vi basterà affacciarvi alla scogliera per capire tutto.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Urina nel serbatoio, adittivo del futuro

Arriva dalla Sardegna un’idea che tutti possiamo avere tra le mani. Anzi in corpo. L’urina è adatta ad alimentare i motori. Nel corso di un convegno di Legambiente tenutosi ad Alghero, Franco Lisci, progettista e ricercatore con un passato alla Fiat, ha spiegato che non siamo lontani da un futuro dove la dipendenza dalla benzina sarà ridotta grazie alla pipì.

«L’urina è un’energia pulita, ricavata senza impiego di petrolchimici, biomasse, senza produrre gas e, considerate le minime dimensioni dell’impianto, senza consumo di suolo. L’energia prodotta dall’impianto a urina sarebbe adatta anche per i motori di automobili, camion e barche che potrebbero usare soltanto urina pura al posto della benzina o di altri carburanti – afferma l’imprenditore sardo – tuttavia per lo Stato italiano questo uso è illegale, mentre è consentito l’uso di additivi, così abbiamo realizzato dei trasformatori che consentono di mettere l’urina nel motore delle automobili anche parzialmente.»

I risultati sono molto incoraggianti. Il risparmio su un’auto a benzina è del 35 per cento, su un’auto a gasolio del 60, mentre sulle auto a gas arriverebbe all’80 per cento.
La sostenibilità dell’idea è accentuata dall’utilizzo di filtri a base di lana grezza, risorsa naturale e abbondante nel Medio Campidano della nostra isola maggiore.

Ora i casi sono due: o questa è l’idea del secolo e Il Signor Lisci sta per diventare una celebrità, o ce lo troveremo a breve implicato come protagonista in un caso di spionaggio dove i signori del petrolio si saranno attivati per ibernarlo a nostra insaputa da qualche parte. Noi tutti tifiamo per il nostro scienziato.